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Terra d'Egnazia

~ 'Gnatia Lymphis iratis exstructa'

Terra d'Egnazia

Archivi Mensili: agosto 2013

Puglia bene comune

23 venerdì Ago 2013

Posted by terradegnazia in Cittadinanza, Editoriale, Paesaggio

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Apulia, beni comuni, cultura, Egnazia, Minervini, Puglia, tradizione

La nostra Puglia l’abbiamo sempre voluta così, sostenibile, pubblica, fruibile, innanzitutto ai Pugliesi. Perché nella libertà della fruizione di chi conserva le radici, resiste la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale, storico, artistico, archeologico: la nostra più vera e duratura ricchezza comune che si trasmette da millenni. E mai vorremmo che, in nome dell’atavico ricatto del lavoro promesso, finisse, ancora una volta, nelle mani di questo o quel “padrone” salvatore di interessi privati; interessi che si fondano sull’erosione continua dei diritti e dei beni comuni.

“Più i cittadini diventano consapevoli e più è difficile l’esercizio discrezionale del potere. La trasparenza fa paura al potere, lo frantuma, lo rende condiviso. Ecco perché la trasparenza ha tanti nemici nel ceto politico.” (G.Minervini)

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L’Ecologia dei Paesaggi

05 lunedì Ago 2013

Posted by terradegnazia in Paesaggio, Territorio, Urbanistica

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ecologia, Egnazia, Fasano, Giambattista Giannoccaro, gozzi, lame, masserie, Murgia, paesaggio, pietra, Terra d'Egnazia, Valle d'Itria

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L’Ecologia dei Paesaggi della Terra d’Egnazia e della Valle d’Itria

di Giambattista Giannoccaro

 “Il rilevamento […] è un mezzo che ci aiuta a raccontare la storia della vita della nostra comunità, storia che non è passata ne finita, ma è incorporata nelle attuali attività della città e nel suo carattere,…e che…ne determinano il futuro. Da questo nostro studio di fatti noi non dobbiamo trarre documentazione materiale, economica o strutturale ma ricavare la personalità sociale della nostra città, che muta si ad ogni generazione, ma attraverso di essa nello stesso tempo si esprime”.(Patrik Geddes 1854-1932)

 Ri-dare senso e identità ai luoghi della città contemporanea

Interrogandomi sulla natura dei luoghi dei paesaggi della Terra d’Egnazia e Valle d’Itria ho cercato di individuare un linguaggio comune , alla portata di tutti e che riuscisse a restituirci un’idea concreta, definita, riconoscibile e condivisa di città e territorio. Facendo riferimento alle esperienze e teorizzazioni portate avanti in Italia a partire dagli anni novanta ad oggi, relativamente alla città contemporanea, comunemente definita dagli urbanisti “città diffusa”, ho cercato a lungo una modalità di lettura dei fatti urbani (Aldo Rossi, 1993) che riuscisse ad esplicitare una sintesi di quei materiali necessari ad una attenta analisi della città e del territorio, per ri-dare senso ed identità ai luoghi della città contemporanea.

Ho riletto Patrik Geddes, Reiner Bahnam, Guido Martinotti, oltre a saggi e libri di Bernardo Secchi, senza mai tralasciare le straordinarie lezioni di Edoardo Salzano.

Nel 1971 Reiner Bahnam, pubblica il suo libro Los Angeles: The Architecture of Four Ecologies(Los Angeles: l’architettura delle quattro ecologie, 1971) nel quale classificava la città angelena in quattro differenti ecologie insediative, sconvolgendo la maniera di leggere la città contemporanea e soprattutto restituendo agli storici ed urbanisti una modalità di lettura che contribuirà a fornire un nuovo modo di leggere i territori della “città diffusa”.

Il termine “Ecologia” è da lui inteso non solo per mettere in evidenza la relazione strutturale che lega la formazione e la crescita di un certo territorio ai suoi contesti geografici, ma anche di clima sociale, di attitudine a specifici comportamenti, di un particolare genere di vitalità che vi è legata, come aspetti fantastici appartenenti a diversi tipi di folklore: gli ambienti di vita.

Dalle considerazioni e modalità di lettura appena descritte sulle Ecologie, trasferite sui territori della Murgia del sud-est (Valle d’Itria e Terra d’Egnazia), vi è stato un risultato per me interessante, che mi ha portato a identificare il territorio, come lo era stato per Bahnam (questo è solo un caso), suddiviso in quattro diverse Ecologie che dalla fascia costiera alla collina si raccontano, attraverso delle metafore:

“L’Ecologia dei Gozzi”, relativa alla fascia costiera;

“L’Ecologia delle Lame e dei Cubi”, relativa alla pianura degli ulivi, delle lame e delle masserie;

“La Città Inversa”, relativa ai centri urbani sparsi del territorio;

“”L’Universo di Pietra” relativa alla zona collinare.

Nella mia lettura è evidente l’importanza di ogni piccola traccia, di ogni segno ed indizio per riuscire a decifrare il cambiamento, accogliendo il nuovo, immaginando il futuro, costruendo scenari. Un progetto, un’idea di paesaggio e di territorio in cui, la rappresentazione doveva far emergere gli ipotetici scenari di sviluppo. Qui non si tratta di cogliere in anticipo i fenomeni pensando di rappresentare il futuro di azioni, compiti o attori. Nemmeno di risolvere determinati nodi o fatti urbani, ma costruendo scenari si cerca di sconfiggere dubbi ed aprire nuove discussioni. E’ attraverso questo linguaggio, comune e condivisibile, che mi sono proposto di affrontare un tema di analisi della città e del territorio raccontando le Ecologie Insediative della Terra d’Egnazia e della Valle d’Itria.

Identità e appartenenza

04 domenica Ago 2013

Posted by terradegnazia in Cittadinanza, Editoriale, Territorio

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appartenenza, Egnazia, Fasano, Identità, melagrana, Puglia, Terra d'Egnazia, Territorio

melagrana

Identità e appartenenza della terra d’Egnazia

di Giuseppe Vinci

Non servono molte parole per descrivere e trasmettere il senso dell’identità e dell’appartenenza, ad una famiglia o a un consesso sociale. Basta un’immagine, un simbolo.  E’ così anche rispetto a un luogo, a un territorio e alla comunità che lo abita. Basta un simbolo. Del resto, il territorio per chi lo vive è come l’abito. E come l’abito un territorio può assumere innumerevoli aspetti. Può essere bello, ordinato, elegante, armonico, oppure sciatto, lercio, disordinato, rappezzato. Tutto dipende dal valore che gli si riconosce e dalla cura che se ne ha. 

Noi di Terra d’Egnazia non abbiamo avuto scelta per rappresentare la “terra” su cui ci muoviamo. Abbiamo riconosciuto il simbolo più naturale, spontaneo e proprio di questi luoghi. Un simbolo che abbraccia tutta la storia delle civiltà che (a partire da quella di Egnazia) hanno vissuto questa terra in tutta la sua essenza e bellezza più profonde, restando con essa in perfetta armonia per millenni.

Il melograno è il simbolo principe nel quale si condensano appartenenza e identità (sociale, culturale e storica), dei nostri luoghi e delle nostre genti. Un’identità che dopo millenni è in pericolo. Sempre più precaria, in bilico, l’identità della terra d’Egnazia è come in una morsa mortale. Da una parte il saccheggio degli speculatori che usurpano e sottomettono ogni più piccola porzione di terra (e di mare), il consumo di suolo, l’urbanizzazione selvaggia. Dall’altra, la complicità silenziosa, ricurva e compiacente di chi, l’identità (compresa e soprattutto quella collettiva), l’ha persa tra i plinti della speculazione e l’ennesima promessa tradita di un improbabile (invano atteso) riscatto sociale.  Il ritorno profetico del “signore”, dispensa e moltiplica il lavoro come fossero pani e pesci: un vile ricatto più che un miracoloso riscatto.

E’ così noi (non i primi e nemmeno gli ultimi), riconosciamo nel melograno il simbolo della famiglia umana, della coesione fraterna degli uomini, di ogni singolo uomo, (come i semi di questo frutto) appartenenti alla stessa famiglia, della sua rigenerazione e rinascita. Ognuno di noi, i quali, pur essendo espressione della propria singola soggettività, restiamo (talvolta senza averne coscienza) uniti in un vincolo saldo e comune, non solo per obbiettiva destinazione, ma anche per funzione superindividuale. E’ proprio in questa funzione, nella sua riscoperta e riappropriazione, che risiede l’unico vero miracolo e riscatto di una comunità e di ogni singolo appartenente.

Il melograno, dunque, simbolo di coesione e solidarietà, di prosperità e rigenerazione, che ispiri il comportamento singolo e collettivo nel raggiungimento della missione comune: vivere insieme, nella comunità di appartenenza (pur restando individui), le nostre sorti umane e progressive in perfetta armonia con la terra da cui sorgiamo.

I luoghi dell’identità

01 giovedì Ago 2013

Posted by terradegnazia in Cittadinanza, Territorio

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Capitolo, Case Bianche, Democrazia, Identità, luoghi, Sabrina Giannoccaro, Savelletri, Terra d'Egnazia

La democrazia urbana come antidoto all’alienazione sociale e al degrado, motore di un nuovo modello di crescita delle città

di Sabrina Giannoccaro

Vi sono luoghi che, per il tempo, le necessità, intime e meno intime, le abitudini del vivere quotidiano e per tante altre ragioni ancora, vengono definiti “LUOGHI D’IDENTITA” . Nelle città, nelle campagne, lungo il litorale, ovunque ci muoviamo sul nostro territorio, possiamo riconoscere i luoghi dell’appartenenza, legati a processi affettivi e alla memoria storica dell’intera collettività. Uno degli esempi più emblematici del concetto di luogo d’identità, sono “Le case bianche” sulla strada che va da Savelletri al Capitolo, ma potrei elencarne innumerevoli.

Le trasformazioni che sta “subendo”il nostro territorio e le modalità con cui questo sta avvenendo, avrà come conseguenza la perdita, non solo dell’identità dei luoghi, ma ancor più grave da un punto di vista antropologico, la perdita della nostra identità e senso dell’appartenenza.

Essere cittadini significa onorare la propria terra, difenderla, preservarla, custodirla e questo lo si può fare solo avendo un atteggiamento costruttivo, partecipativo e collettivo. La “Democrazia Urbana” è uno strumento che dobbiamo adottare ed auspicarci che diventi una consuetudine. Dobbiamo imparare a considerare il nostro territorio come una risorsa preziosa, ribadisco, non personale ma collettiva, di cui ognuno di noi è responsabile, nel bene e nel male. Non dobbiamo mai rinunciare ai nostri diritti, ma essere al contempo, impegnati in prima persona ad assolvere i nostri doveri di cittadini onesti e pretendere onestà da chi ci governa, quindi considerare la “partecipazione attiva” una delle forme più democratiche per il “controllo” nella trasformazione del territorio.

Difendere i luoghi d’identità equivale a difendere la nostra identità di cittadini.

Per un’architettura dell’ascolto

01 giovedì Ago 2013

Posted by terradegnazia in Editoriale, Urbanistica

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architettura, ascolto, David Byrne, Fasano, Musica, suono, Terra d'Egnazia, Territorio

di Giuseppe Vinci

La riflessione di David Byrne, “Come l’architettura ha aiutato la musica ad evolversi”, incentrata sul rapporto tra musica e ambiente (territorio), è quanto mai illuminante sulla natura del rapporto esistente tra uomo e territorio. (A piè di post il video della conferenza di Byrne).

La musica, nell’arco della storia umana, si è spesso adeguata all’ambiente, senza alterarlo e traendo dall’ambiente il massimo beneficio per l’evoluzione del suono e della musica. I risultati conseguiti dall’uomo riguardo alla musica (e più in generale al suono), sono noti anche ad un ascoltatore occasionale non specializzato. Non solo. Talvolta l’ambiente della musica e più in generale del suono è stato costruito intorno alla natura del suono traendo insegnamento dalla conoscenza (anche tecnica), derivante da questo rapporto, senza che l’ambiente (il territorio) ne risultasse stravolto. Di qui l’evoluzione della musica (e del suono), dell’ambiente e degli ambienti della musica (auditorium, sale, teatri, ecc.).

Ho più volte fatto riferimento (in questo spazio), al rapporto armonico che necessita instaurare tra uomo e territorio. E, per avere un rapporto armonico con il territorio, con le sue peculiarità, traendo da queste il meglio, senza che ci sia predominanza e quindi sfruttamento, abuso, violenza, senza che l’uno o l’altro soccombano e in modo tale che uomo e territorio vivano in perfetta simbiosi e armonia, è necessario innanzitutto porsi in “ascolto”, disporsi alla conoscenza e al rispetto reciproci, l’uno dell’altro. Conoscersi e ascoltarsi, per riconoscersi, nelle proprie rispettive nature. Un lavoro, quello della conoscenza reciproca, che comporta dedizione e devozione, studio, approfondimento, pianificazione, progettazione. Di qui, da questo ascolto e conoscenza, nasce l’evoluzione delle forme e dello spirito che le muove.

Conoscersi, ascoltarsi, comporta anche il ri-conoscersi quali esseri “necessitati”, bisognevoli di cura l’uno dell’altro. Una banalità, si dirà, ma che passando spesso per tale, lascia che l’uno (in genere l’uomo) prevalga sull’altro (il territorio). Il risultato, prima o poi, a seguito della pressoché totale mancanza di ascolto, è l’afona sterilità di entrambi. Da una parte ambiente e territorio che, impoveriti, non hanno più nulla da comunicare (e dare), dall’altra l’uomo che non ha più nulla da ascoltare (e prendere), e di cui far tesoro. Cosa che accade tanto per cieco egoismo, quanto per interesse di parte (tra utilitarismo e individualismo) a scapito dell’interesse comune, degli uomini e dei territori.

In un certo senso il territorio, l’ambiente (e gli ambienti, compresi quelli umani), il suo assetto, il suo sviluppo, sono come la vacca da latte, la quale senza la necessaria conoscenza e cura da parte dell’uomo, munta di continuo senza alcuna possibilità di pascolo, finisce per non produrre più latte, fino alla sterilità. L’aridità e la povertà dell’ambiente portano all’aridità e alla povertà civile innanzitutto (sociale ed economica), dell’uomo e con esso della civiltà.

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