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Terra d'Egnazia

~ 'Gnatia Lymphis iratis exstructa'

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Piano comunale della costa fasanese – Cicale o Formiche ?

15 sabato Lug 2017

 

Piano Comunale della Costa fasanese – Obbiettivi, Speranze, Timori

 – Torre Canne 14 Luglio 2017 –

Pubblichiamo integralmente l’intervento del presidente di Terra d’Egnazia all’incontro sul Piano Comunale della Costa.

Il mio ruolo in questa conversazione, (come presidente TdE e attivista del MIC) ha l’obbiettivo di definire le parole chiave che dovrebbero essere al centro di un processo di redazione di uno strumento strategico di sviluppo come un PCC, anche attraverso alcune fondamentali notazioni generali sul Piano Regionale delle Coste, per cercare di far comprendere, soprattutto al pubblico intervenuto, di cosa stiamo discutendo e finire con alcune domande ai progettisti.

Le parole chiave

“spazio vissuto” – ecologia – paesaggio

L’insieme dei luoghi frequentati abitualmente dall’individuo e dal gruppo al quale appartiene costituiscono quello che i geografi chiamano “spazio vissuto”, espressione che indica la territorialità umana, l’ecologia insediativa dell’uomo, l’ambiente di vita connotato da elementi come il senso di appartenenza, l’emotività, la storia personale e familiare, le vicende collettive della comunità.

Alla percezione dello spazio vissuto contribuiscono non solo le esperienze affrontate in prima persona, ma anche letture e narrazioni familiari che portano all’elaborazione mentale del senso del luogo.

Questi “spazi vissuti” possiamo ragionevolmente dire che sono anche quelle porzioni di territorio ricche di beni culturali, storici, artistici e naturalistici, che costituiscono di per sé bene paesaggistico, oggi tutelati definitivamente dal  “Codice dei beni culturali e del paesaggio”: in particolare tra le aree tutelate dalla stessa legge vi sono:

“i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;” (evocando la legge Galasso)

Alla fine degli anni ’90 ho dedicato circa due anni allo studio degli spazi vissuti di questo territorio ed in particolare del territorio fasanese. Qui dopo un’analisi di tipo territorialista, non ancora convenzionale  per quei tempi, venne fuori una suddivisione del territorio in quattro differenti ecologie, in particolare l’ecologia insediativa che definiva il fronte mare( e non solo) s’identificò come l’ “Ecologia dei Gozzi”.(metafora)

Paesaggi(citando anche il neonato “Selva in Festival”) sono anche “visioni” o “pre-visioni” che ognuno di noi riesce ad avere o gli scenari che riesce a prefigurare, degli spazi, dei luoghi della memoria e del presente,  i propri spazi appunto, quelli della quotidianità. Il loro variare dipende molto dalle azioni, le nostre, di individui posti in una comunità che, con le sue regole, ne decreta definitivamente le trasformazioni. E’ questo il paesaggio culturale a cui dovremmo ambire e di cui dovremmo essere pervasi cercando di mediare tra le parti chiamate in causa.

Indispensabile, in questo contesto, maturare e promuovere una sensibilità ambientale che aiuti amministratori e cittadini a comprendere come il nostro territorio non rappresenti solo una risorsa da “sfruttare”, ma anche e soprattutto una risorsa da preservare e tutelare, in quanto vera e duratura ricchezza; ricchezza competitiva, che possiamo strategicamente utilizzare, ora e in futuro.

Si tratta quindi di scegliere di essere cicala o perseguire gli insegnamenti dei nostri nonni, che come formiche sono riusciti a consegnarci l’immenso patrimonio ormai apprezzato ed invidiato in tutto il mondo?

Piano Regionale delle Coste

Il piano si prefigge di “garantire il corretto equilibrio fra la salvaguardia degli aspetti ambientali e paesaggistici del litorale pugliese, la libera fruizione e lo sviluppo delle attività turistico ricreative” (art. 1 norme tecniche di attuazione del Prc). In sintesi, il piano cerca di promuovere una relazione positiva tra tutela e sviluppo della costa.

Interessante appare la definizione dell’ambito territoriale di studio, ampliato in ragione della possibilità di comprensione dei fenomeni ambientali da analizzare. Infatti, considerata l’eterogeneità con cui si presenta l’intero territorio costiero regionale, non è stato analizzato un ambito di studio costante per tutta la regione, né sono stati utilizzati i confini amministrativi dei comuni costieri. Si è ritenuto più utile definire un ambito di studio a geometria variabile a seconda delle specifiche situazioni in cui si presenta la fascia costiera.

Ciò dovrebbe farci evitare di pensare ai molteplici tratti di costa come elementi lineari all’interno della fascia demaniale o dei trecento metri tutelati prima dalla Galasso (L. 431/1985) poi dal Codice Urbani (Dlgs. 42/2004 Codice dei Beni Culturali) ma permette di considerarli come ambiti integrati tra terra e mare dei quali occorre comprendere gli elementi generatori che ne regolano il funzionamento, indirizzando le attività antropiche(dell’uomo) in modo tale da esaltarne le peculiarità.

L’incrocio dei differenti livelli di criticità all’erosione e di sensibilità ambientale ha permesso di ottenere 9 distinti gradi di tutela, che costituiscono il riferimento normativo al quale tutti i comuni dovranno riferirsi nella redazione dei Piani Comunali delle Coste.

Altro aspetto di rilievo del Prc, quello di costituire uno strumento di pianificazione attraverso il quale la Regione possa coordinare e indirizzare l’attività degli Enti locali, ai quali sono state trasferite funzioni amministrative in materia di “rilascio di concessioni demaniali marittime”.

Il Prc quindi fornisce le linee guida, indirizzi e criteri ai quali devono conformarsi i Piani Comunali delle Coste.

Il Piano Comunale della Costa

Allo stesso tempo, la redazione del PCC deve però rappresentare un’occasione irripetibile per la salvaguardia e la valorizzazione dei contesti ambientali e paesaggistici legati ad una fascia di territorio che, partendo dalla linea di costa, si deve estendere verso l’interno ben oltre i 300 metri.

Ritengo che in questa ulteriore attività di previsione attribuita al PCC, risieda una possibilità unica in cui compiere un ulteriore sforzo finalizzato alla tutela di quelle risorse ambientali che, viceversa, rischiano di restare compromesse dalle trasformazioni, a volte irreversibili, che vengono continuamente operate sul territorio.

Per la stima della sensibilità ambientale quindi , si potrebbe riconoscere ad esempio l’approccio suggerito dal PRC, da cui si evince come la sensibilità non sia da valutare solo in funzione della situazione esistente nella fascia demaniale, ma anche di una profonda porzione del territorio a monte,(i corridoi ecologici(lame) che sfociano al mare dando vita alle calette e sorgenti, la piana olivetata, gli orti irrigui) integrando, e quindi facendo dialogare, nella fase di redazione del piano, aspetti legati al turismo con quelli del settore primario(pesca, agricoltura).

Partecipazione

“Il modo migliore di trattare le questioni ambientali è quello di assicurare la partecipazione di tutti i cittadini interessati, ai diversi livelli”. (Convenzione di Aarhus)

La Convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale è il primo e unico strumento internazionale, legalmente vincolante, che recepisce e pone in pratica tale principio, dando concretezza ed efficacia al concetto di democrazia ambientale.

Partecipazione e VAS

Che cos’è la VAS?

La VAS è un processo che concorre alle scelte di Piano per garantire adeguati livelli di protezione dell’ambiente e più in generale la promozione dello sviluppo sostenibile.

A differenza della VIA, la VAS si sviluppa in parallelo alla redazione del piano oggetto della valutazione, per assicurarne le opportune correzioni in corso di redazione e il monitoraggio nelle successive fasi di attuazione, avendo l’obiettivo di “contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione e dell’adozione di piani e programmi […] che possono avere effetti significativi sull’ambiente” (art. 1 Direttiva 42/2001).

Il processo di Valutazione ambientale strategica dev’essere per legge progettato e condotto in modo il più possibile partecipativo.

Non essendo ancora in grado di dare un giudizio sul piano in fase di redazione, di cui non sappiamo bene a che punto sia la sua stesura, ed al fine di poter contribuire in maniera significativa a costruire il percorso progettuale e le scelte che si andranno ad operare, chiediamo  ai progettisti che sia precisamente spiegato:

se è stata avviata la procedura di verifica di assoggettabilità a VAS.( procedura finalizzata ad accertare se un piano o un programma debba o meno essere assoggettato alla procedura di Valutazione Ambientale Strategica)

Ss è in fase di redazione ed è disponibile il rapporto preliminare di verifica, che è parte integrante del Piano con l’elenco di tutti i soggetti interessati alla consultazione.

Se e in che modo si intende tenere conto dei contributi acquisiti in fase di consultazione.

Giambattista Giannoccaro

Presidente APS Terra d’Egnazia

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Pubblicato da terradegnazia | Filed under Ambiente, Paesaggio, Territorio, Urbanistica

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Infrastrutture, consumo di suolo, assetto del territorio

05 sabato Nov 2016

Posted by terradegnazia in Ambiente, Cittadinanza, Editoriale, Paesaggio, Territorio, Urbanistica

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Fasano, Infrastrutture, Mall, Ospedale, Palazzetto, Sport, Territorio

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“Il paradigma tecnocratico tende ad esercitare il proprio dominio anche sull’economia e sulla politica. L’economia assume ogni sviluppo tecnologico in funzione del profitto, senza prestare attenzione a eventuali conseguenze negative per l’essere umano. La finanza soffoca l’economia reale. Non si è imparata la lezione della crisi finanziaria mondiale e con molta lentezza si impara quella del deterioramento ambientale”.
Jorge Mario Bergoglio, “Laudato sì”

“Il nostro mondo è in pericolo. La curva dell’economia sale, ma la curva dell’ecologia scende. L’uomo, in equilibrio precario sulla crescita dell’economia, sta per essere travolto dalla decrescita dell’ecologia. La natura ce la farà: per lei non ci sono problemi… Piuttosto siamo noi ad essere in pericolo, a causa del nostro sconsiderato successo”.
Ferdinando Boero, Economia senza natura. La grande truffa

Alla c.a.
Ill.mo sindaco di Fasano, dott. Francesco Zaccaria

La prossima realizzazione di infrastrutture come il Palazzetto dello Sport, lo Shopping Mall, le lottizzazioni ad uso residenziale (come per il recupero della ex siderurgica Liuzzi), e/o le per opifici ad uso artigianale, agricolo e industriale, il nuovo Ospedale (il quale, per quanto sorgerà sul territorio di Monopoli e non sia di stretto interesse amministrativo della nostra città, si rivolge alle cittadinanze di un’area vasta in sui è compresa la nostra comunità), offrono non pochi spunti di riflessione sul futuro del nostro territorio, sulle incidenze e ripercussioni ambientali, economiche e sociali.

Si tratta di questioni di fondamentale importanza alle quali spesso la cittadinanza e ancor più la politica non prestano la dovuta attenzione. Ciò accade, spesso, a causa della quasi totale mancanza di sensibilità, attenzione e formazione di base riguardo la natura essenziale del territorio. Sembra radicata nella mentalità dei più, la convinzione che il territorio, e più in generale la terra, sia un bene di consumo usa e getta, non un bene necessario e assoluto, sul quale si fondano in modo perenne la comunità umana, le sue radici culturali, la sua storia, la sua economia, il suo futuro.

Vorremmo sottoporre alla città, all’ill.mo sig. Sindaco, alla giunta amministrativa, al consiglio comunale, il nostro punto di vista a riguardo, affinché si avvii un percorso di discussione e confronto, che coinvolga tutta la comunità locale, gli organi istituzionali e tutte quelle personalità che possono offrire punti di vista e competenze a beneficio del territorio.

Molto sinteticamente, riteniamo sia necessario, urgente e non più rinviabile affrontare il problema tenendo conto di tre punti cardini, tre colonne portanti sulle quali fondare la realizzazione di opere che inevitabilmente impatteranno con il nostro territorio: 1) rispetto dell’ambiente; 2) utilità delle opere al netto del rapporto costi/benefici per il territorio; 3) materiali e metodi di realizzazione.

Queste opere, da quella ritenuta più utile a quella per la quale molti vorrebbero fare a meno per le ragioni diverse (comprese quelle di natura ideologica), avranno il loro impatto con l’ambiente. E’ necessario quindi considerare le conseguenze idrogeologiche (deflusso delle acque pluviali), e agronomiche (erosione della biodiversità), il consumo di suolo e le conseguenti ricadute economiche e sociali.

In genere quando si parla di realizzazione di impianti, che siano sportivi, commerciali, nonché edifici destinati ad uso sanitario e/o abitativo pubblico e/o privato, non si può non pensare ai metri cubi di cemento armato che saranno utilizzati, ma anche a tutte quelle aziende, maestranze e manovalanze (e relative famiglie) del territorio, le quali potrebbero trarre vantaggio immediato o nocumento nel lungo termine, dalla realizzazione di queste opere.

Riteniamo che tutte le opere che presto interesseranno il nostro territorio, a seconda di come e dove saranno realizzate (metodi, appalti, tecnologie e materiali), potrebbero rappresentare l’opportunità di grandi benefici per il territorio stesso, una iattura o la combinazione di entrambe. E’ necessario, a tal proposito, che alle procedure di realizzazione, ai processi di programmazione, realizzazione e monitoraggio delle opere stesse, i portatori di interessi (la cittadinanza, più o meno organizzata), partecipino attivamente.

Cosa accadrà, ad esempio, a valle della realizzazione del nuovo ospedale e dell’outlet una volta realizzati? Non vorremmo trovarci difronte al ripetersi di quanto è accaduto, e in buona parte ancora accade, da Montalbano fino a valle in località Tavernese. Qui, nonostante nell’ultimo decennio sia intervenuta la realizzazione del canale di regimentazione delle acque che arriva fino a mare, e per il quale sono stati alterati e consumati decine di chilometri di territorio, fino alla ferita inferta alla duna fossile, il problema delle alluvioni non è stato del tutto risolto. Le condizioni attuale del canale, in cui si riversano rifiuti di ogni sorta, come ampiamente decumentabile e documentato, sono a dir poco vergognose.

Riteniamo siano necessari, una riflessione e un confronto pubblico, diffuso e condiviso con la cittadinanza, per addivenire alla ragione di un paradigma comune, un approccio cosciente e consapevole, riguardo le scelte della politica in tema di infrastrutture, poiché, come è evidente queste impattano spesso negativamente, tanto con l’ambiente, quanto con la comunità.

Giuseppe Vinci – Terra d’Egnazia (Onlus)

Area ex Cementeria Monopoli – Considerazioni del Coordinamento Cittadino delle Associazioni, dei Comitati, dei Movimenti ed esponenti di Forze politiche di opposizione sulla convocazione del 21 ottobre 2014 della I Commissione Consiliare Urbanistica

15 sabato Nov 2014

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Pubblichiamo il documento redatto, con considerazioni dal Coordinamento Cittadino delle Associazioni, dei Comitati, dei Movimenti ed esponenti di Forze politiche di opposizione, di cui Terra d’Egnazia è parte attiva, a proposito della convocazione dell’ultima convocazione della I Commissione Consiliare Urbanistica – Area ex Cementeria

Al Presidente della I Commissione Consiliare Urbanistica
avv. Giacomo Piepoli

e p.c.:
Al SINDACO del COMUNE di MONOPOLI
ing. Emilio Romani
All’Assessore all’Urbanistica del COMUNE di MONOPOLI
avv. Stefano Lacatena
All’Assessore all’Assetto del Territorio della Regione Puglia
arch. Angela Barbanente
Oggetto: Incontro Prima Commissione Consiliare Urbanistica aperta del 21 ottobre 2014. Considerazioni.

Con la presente il Coordinamento fa il punto sui lavori del Tavolo aperto ed esprime le sue considerazioni in merito al prosieguo dello stesso.
Sono ormai 11 mesi che continuiamo a chiedere le stesse identiche cose e l’Amministrazione, attraverso i suoi referenti al tavolo, invece di rispondere alle domande, monotonamente ripete: “…bisogna andare avanti”, “…la cosa più importante è demolire al più presto l’esistente” e, incredibilmente, senza aver chiarito né criteri né dati tecnici, “…attendiamo proposte dai cittadini”.

La convocazione del 21 ottobre scorso, a distanza di ben 7 mesi dalla precedente, non ha apportato alcuna novità e non certo per latitanza delle realtà di Cittadinanza Attiva. Fin dall’inizio, infatti, il Coordinamento ha presentato a più riprese contributi e documenti (sia di indirizzo teorico critico metodologico sia di carattere tecnico operativo procedurale) con un invito costante: regole e tempi certi, alti standard qualitativi, ambientali e progettuali. Inoltre il Coordinamento è stato promotore, lo scorso 9 maggio, di un incontro pubblico “Area ex Cementeria. Chiarezza Qualità Partecipazione”, con la presenza di esperti e amministratori (locali e regionali). Dai contenuti emersi durante l’incontro è scaturito un Documento tecnico che, frutto del coinvolgimento di esperti in varie materie, dopo esser stato consegnato pubblicalmente durante il Consiglio Comunale del 4 agosto 2014, non ha ricevuto ancora alcuna risposta da parte dell’Amministrazione. Eravamo convinti che ciò sarebbe avvenuto almeno in occasione del recente incontro della I Commissione invece il testo, e le questioni in esso contenute, non erano state nemmeno lette da chi di dovere.

Il Sindaco, presente all’incontro, ha elargito pillole di saggezza, interpretando le recondite ragioni (a lui sconosciute perché assente) dell’architetto Renzo Piano nel rifiutare l’incarico offertogli, e ha condiviso visioni urbanistiche “lungimiranti”, ipotizzando lo spostamento di volumi, ancora non meglio precisati, dal porto alla periferia urbana e avanzando l’ipotesi di stravolgere il neonato Piano urbanistico con la modifica della destinazione del previsto porto turistico, a nord di quello attuale, in un futuristico porto commerciale d’importanza nazionale. In concreto, il primo Cittadino continua a essere il fautore del rapido abbattimento a tutti i costi senz’alcuna idea di futuro per quell’area (sollevando peraltro perplessità anche sulla legittimità procedurale dell’opera).

Non un dirigente presente, per rispondere alle domande o per raccogliere richieste di atti e documenti, non un segretario a registrare e verbalizzare adeguatamente l’incontro. Nella sostanza la chiara sensazione di un incontro istituzionale di serie “B”, convocato solo per poter adempiere obblighi legislativi, senza alcun amore né attenzione alla partecipazione dei cittadini. Anche gli inviti, scarni e passivamente collegati solo a chi nei mesi ha tenuto duro, confermando di volta in volta la volontà di continuare a partecipare, evidenziano l’assoluto disinteresse per un autentico percorso di pianificazione partecipata.

La SoleMare, neo proprietaria dell’ex area Italcementi, unica in grado di rispondere sulla ripresa dei lavori di “demolizione” (guai a chiamarli di “bonifica”), sulle centraline di monitoraggio (spostate altrove nel momento in cui erano più necessarie), sulle ragioni della rinuncia all’incarico da parte di Renzo Piano (avendo la Società, da sola, curato i contatti con lo studio dell’architetto), neanche a dirlo era assente.

Un breve riepilogo. A metà dicembre 2013, le prime richieste, subito dopo la mobilitazione affinché non si permettesse alla General Smontaggi, ditta specializzata nella bonifica di zone industriali dismesse, di abbandonare il cantiere, sono state il monitoraggio degli agenti inquinanti presenti e la caratterizzazione di manufatti e terreni, in parte, ancora oggi, inevase.
Contemporaneamente era stata sollevata la questione della poca chiarezza sulle regole e sulla loro interpretazione, elementi fondamentali per passare alla fase operativa vera e propria.
Nel frattempo il Coordinamento aveva suggerito il coinvolgimento di un architetto di chiara fama, esperto sul tema della riqualificazione di un’area portuale e capace di valorizzare con tale intervento progettuale il water-front urbano e l’immagine complessiva della città, garantendo una progettazione di altissima qualità. Era stato avanzato il nome dell’architetto Renzo Piano di Genova, condiviso da tutti ma successivamente contattato dalla sola Proprietà privata, senza alcuna rappresentanza istituzionale e politica della comunità cittadina. Inoltre si chiedeva che la Commissione Urbanistica aperta esprimesse una sua rappresentanza, con competenze professionali specifiche, che presenziasse al tavolo tecnico, sul quale l’Amministrazione comunale e i tecnici dei Privati coinvolti, avrebbero affiancato il lavoro del progettista incaricato.
Infine il Coordinamento aveva sollecitato l’attivazione di processi partecipativi di pianificazione con l’ausilio di un facilitatore esperto o di un tecnico di garanzia e, soprattutto, l’estensione della stessa pianificazione all’intera area portuale (contestualmente alla redazione del nuovo Piano Regolatore Generale del porto di Monopoli). Nulla di tutto ciò è stato fatto in questi lunghi mesi.

Nonostante il rigore delle considerazioni esposte nel documento tecnico consegnato in Consiglio Comunale lo scorso 4 agosto, in cui si evidenziavano le criticità degli argomenti sopramenzionati, quando, dopo 7 mesi, è stata finalmente convocata la I Commissione consiliare urbanistica aperta non viene affrontato nessuno dei problemi sollevati, anzi, non viene detto assolutamente niente di nuovo. Peggio. Da un lato si difende la scellerata scelta della Proprietà privata di aver fatto ripartire i lavori di demolizione in assenza della centralina di monitoraggio (installata dall’Arpa all’inizio dell’estate e spostata qualche settimana fa a Gravina in Puglia per necessità di servizio). Si rifiuta la richiesta del Coordinamento, dei Consiglieri comunali del NCD (Angela Pennetti e Giovanni Palmisano) e del Consigliere comunale di “Manisporche” (Angelo Papio) di sospendere i lavori in attesa della reinstallazione di una efficiente centralina di monitoraggio delle polveri.

Tanto premesso il Coordinamento Cittadino, al fine di poter proseguire nella partecipazione ai lavori della I Commissione urbanistica aperta chiede il rispetto delle seguenti condizioni:

1. Immediata sospensione dei lavori di demolizione nell’area SoleMare fino alla ricolloca-zione della centralina di monitoraggio (da 2 mesi i lavori sono ripresi senza alcun controllo).

2. Designazione di un Segretario che garantisca:

la puntuale verbalizzazione degli incontri, con successiva pubblicazione sul sito web istituzionale del Comune;

la necessaria estensione degli inviti, oltre alle realtà di cittadinanza attiva (il cui elenco sarà fornito qui in allegato), alle diverse proprietà private presenti nell’area in esame, all’Autorità Portuale del Levante, all’Ufficio Regionale del Demanio, alla Capitaneria di Porto, alla Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici, all’Ufficio della Dogana, alle Utenze portuali (Armatori, Cooperative di pescatori, Cantieri navali, Circoli sportivi, Circoli nautici), alle varie realtà imprenditoriali presenti nell’area (Concessionari di aree demaniali, Esercizi commerciali, Distributori di carburante), alle Associazioni di Categoria cittadine, alle Organizzazioni studentesche e sindacali;

la raccolta delle richieste emerse durante gli incontri e il conseguente reperimento dei documenti o, se necessario, il coinvolgimento diretto dei Dirigenti di competenza.

3. Nomina di un Facilitatore professionista che coadiuvi il percorso partecipativo almeno nella sua fase di avviamento secondo metodologie normate e sperimentate.

4. Costituzione di un Tavolo Tecnico, che dovrà affiancare il professionista incaricato della progettazione generale, al quale sia presente, insieme a Comune, Utenze, Demanio, Autorità Portuale e Proprietari delle aree coinvolte, anche una Rappresentanza tecnica di tutte le altre realtà cittadine (Associazioni, Categorie lavoro, Studenti, Sindacati) presenti nella I Commissione consiliare urbanistica aperta.

Monopoli, 12 novembre 2014

Il Coordinamento Cittadino
delle Associazioni, dei Comitati, dei Movimenti
ed esponenti di Forze politiche di opposizione

segreteria operativa: antonio amodio – aman1410@live.it – tel. 3887402076

Di seguito i link del documento in tre parti, relativo alla manifestazione del 9 maggio 2014

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https://terradegnazia.wordpress.com/2014/05/21/monopoli-area-ex-cementeria-i-parte/

https://terradegnazia.wordpress.com/2014/05/

https://terradegnazia.wordpress.com/2014/06/

Area Ex Cementeria Monopoli Comunicato Stampa del 04/08/2014 del coordinamento cittadino di associazioni, movimenti e forze politiche di opposizione.

15 sabato Nov 2014

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COMUNICATO STAMPA (del 04.08.2014)
Il Coordinamento Cittadino delle Associazioni, dei Comitati, dei Movimenti ed esponenti di Forze politiche di opposizione di Monopoli, alla luce di quanto emerso nell’incontro pubblico sul “Nodo Cementeria”, svoltosi il 9 maggio scorso presso l’Auditorio di Musica d’Attracco, considerato che la I Commissione Urbanistica aperta non è stata più convocata dal 21 marzo scorso e nel contempo si è avuta notizia dalla Stampa dell’iniziale accettazione e successivo rifiuto dell’architetto Renzo Piano a progettare il Master Plan dell’Area Portuale di Monopoli, senza peraltro averne avuto alcuna comunicazione ufficiale, ha chiesto a un gruppo di professionisti di approntare una sintesi delle problematiche emerse intorno all’area interessata. Il documento allegato è il risultato di questo impegno assolto e il Coordinamento, nel presentarlo pubblicamente, lo sottoscrive facendolo proprio e sulla base di esso si riserva di chiarire, approfondire ed eventualmente riconsiderare la sua posizione e il suo ruolo al Tavolo della I Comissione Consiliare Urbanistica aperta.

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segreteria operativa: antonio amodio – aman1410@live.it – tel. 3887402076

RICOSTRUZIONE STORICA E CONSIDERAZIONI TECNICO-PROFESSIONALI
SULLA VICENDA DELL’EX CEMENTERIA E DELL’INTERA AREA PORTUALE

I dubbi interpretativi sulle norme relative all’area portuale di Monopoli

Il PUG adottato il 22 dicembre 2007 prevedeva per l’ambito portuale P1, indici urbanistici e diritti edificatori solo per l’area a monte di via Nazario Sauro, quella definita “di riqualificazione”, in ragione di un indice di 0,90 mq di superficie costruita per ogni metro quadrato di area. In alternativa, la norma permetteva la demolizione e ricostruzione della volumetria esistente nella sola area di riqualificazione, qualora questa avesse superato i diritti edificatori calcolati sulla base dell’indice, eventualità che tuttavia nella fattispecie non si verificava. In pillole, poiché la superficie dell’area di riqualificazione era pari a circa 37.000 mq, ne derivavano diritti edificatori per circa 33.000 mq di cui circa 10.000 per uso residenziale e 23.000 per terziario.
A marzo del 2009, poco prima di discutere le osservazioni al PUG, veniva assentita una variante con cui si approvava in maniera definitiva la lottizzazione SICIE, in seguito alle decisioni del Consiglio di Stato. Pertanto la superficie dell’area di riqualificazione si riduceva a 14.000 mq in quanto veniva sottratta una superficie pari a 23.500 mq. Quindi i diritti edificatori diventavano circa 13.000 mq di cui 4.000 residenziali e 9.000 commerciali.
Il PUG adottato il 22 dicembre 2007 non assegnava un indice edificatorio all’area per attività portuali, quella posta a valle di via Nazario Sauro e occupata dai fabbricati del Cementificio, in quanto questa superficie doveva essere ceduta al Comune. Tantomeno era prevista la possibilità di beneficiare della volumetria esistente, quasi per intero di tipo produttivo-industriale, per trasformarla in superficie costruita residenziale o terziaria.
Con l’approvazione delle osservazioni al PUG nel luglio 2009, tutto cambia, poiché la radicale modifica strutturale dell’articolo 26 del PUG Programmatico, produce conseguenze molto rilevanti in termini quantitativi.
Difatti l’indice urbanistico di 0,90 mq/mq previsto nel PUG adottato, viene suddiviso attribuendo lo 0,70 all’area di riqualificazione (a monte di via Nazario Sauro) e lo 0,20 all’area destinata ad attività portuali (a valle di via Nazario Sauro), stabilendo destinazioni diverse per i due ambiti ed aumentando al 40% la quota residenziale.
Ma un passaggio aggiunto nel testo della norma avrà come conseguenza l’aumento a dismisura dei diritti edificatori. Difatti l’art. 26, comma 6, stabilisce che il proprietario dell’area di riqualificazione possa optare per l’indice urbanistico di 0,70 oppure per la volumetria esistente nell’intero ambito portuale, dunque anche nell’area per attività portuali posta a valle di via N.Sauro. In buona sostanza questa piccola modifica consente di utilizzare – come base del conteggio dell’edilizia da costruire – tutta la volumetria esistente nell’ex Cementificio.
La stessa possibilità non viene contemplata per quelle proprietà che, come l’oleificio Marasciulo, insistono solamente nell’area per attività portuali. Eppure, nonostante tale stortura, la Giunta Comunale nel giugno 2012 ha approvato uno Schema d’Assetto – proposto dall’Italcementi – nel quale, contravvenendo alla norma testè citata, si riconosce anche all’oleificio Marasciulo, il diritto di demolire e ricostruire la volumetria dei fabbricati oggi esistenti nell’area per attività portuali.
In conclusione: attraverso le “osservazioni al Piano” si è compiuta una moltiplicazione delle superfici edificabili che sono così passate da 13.000 mq a 51.000 mq, introducendo, tra l’altro, una disparità di trattamento tra i due principali proprietari delle aree private dell’ambito portuale P1. Disparità che dovrà pur essere risolta nello spirito perequativo, ovvero di equa distribuzione di oneri e onori tra i proprietari di aree contermini, che caratterizza il PUG di Monopoli sin dai suoi principi basilari.

Ogni intervento urbanistico deve essere eseguito solo dopo un adeguato Schemad’Assetto Partecipato, d’iniziativa pubblica e approvato in Consiglio Comunale

Indipendentemente da questa situazione amministrativa, con le quantità edificabili cresciute a dismisura, occorre definire collegialmente i termini e le condizioni del processo decisionale che porterà alla costruzione di un importante pezzo di città, perseguendo gli obiettivi della massima trasparenza, condivisione e qualità.
Lo “schema di assetto” della zona P1 deve definire obiettivi strategici e contenuti progettuali tali da delineare in maniera chiara e comprensibile quale debba essere la configurazione fisica dell’insediamento conseguente alla trasformazione urbanistica, quale il suo ruolo nello scenario dell’intera città e nel corso dei prossimi decenni, quali nuove polarità funzionali esso si candiderebbe ad ospitare, quali centralità riuscirebbe a generare.
Lo schema di assetto, quindi, non può essere inteso solo come lo strumento attraverso cui dimostrare il corretto inserimento delle volumetrie private nell’area di studio e, ancor meno, giustificare le scelte progettuali in funzione di tali volumetrie (si pensi in particolare alle ipotesi di deviazione dell’asse di via Nazario Sauro formulate nello schema di assetto proposto dall’Italcementi nel 2011, determinate unicamente dalla necessità di dare sufficiente spazio ai volumi di proprietà privata).
Lo schema di assetto, al contrario di quanto sino ad oggi si è visto, deve essenzialmente definire la parte pubblica – nelle sue forme e funzioni – e come essa si relazioni alla parte privata; deve “spiegare” i nessi di relazione con il porto e le sue utenze, con la città, con la struttura urbana, con l’assetto morfologico, con le altre polarità funzionali, con l’impianto stradale, con il sistema della mobilità. Occorre guardare al breve e al medio-lungo termine, allo stato attuale e alle prospettive di sviluppo delineate nel PUG, con riferimento anche alle ulteriori previsioni progettuali definite lungo la costa nord-occidentale e inquadrate negli altri ambiti portuali P2 e P3.
Per le stesse ragioni, è indispensabile che lo “schema di assetto” sia coordinato
dall’Amministrazione Comunale – in quanto garante dell’interesse pubblico – e condiviso, nella discussione, con l’intera città. La rilevanza strategica dell’area interessata impone il più ampio coinvolgimento della popolazione con forme e modi che consentano la massima partecipazione della gente (con la formula, per esempio, di una Commissione Consiliare urbanistica aperta a tutte le realtà associative, culturali politiche e di categoria interessate, che svolga davvero in modo sostanziale ed efficace la sua funzione). L’iter progettuale, poi, deve passare attraverso un tavolo tecnico attorno al quale possano interfacciarsi i professionisti incaricati, i tecnici comunali dell’Ufficio di Piano e una rappresentanza degli organismi di cittadinanza attiva. La sua approvazione, infine, indipendentemente dalle procedure di legge in vigore, deve avvenire in Consiglio Comunale, luogo deputato a rappresentare la totalità della popolazione.

Qualità del paesaggio urbano e qualità dell’architettura.                            Soddisfare i legittimi interessi individuali in un quadro progettuale ampio, di alta qualità, che parta dagli interessi collettivi

Viste l’importante dimensione e la posizione strategica dell’ambito portuale in relazione al tessuto della nostra città, riteniamo decisivo, per il destino dell’identità di Monopoli, che la sua progettazione venga improntata ad obiettivi imprescindibili di alta qualità del disegno urbano e delle architetture.
Come misurare o definire la qualità di un progetto urbano o di architettura? Non è una materia in cui valgano formule precostituite e nel dibattito corrente gli argomenti possono portare in direzioni opposte. Ma un concetto che potrebbe forse definire la buona qualità di un progetto raccogliendo più adesioni che contrasti, è quello di adeguatezza.
Un buon progetto non è pretenzioso né sciatto, non è al di sopra o al di sotto delle righe ma cerca di essere adeguato alla circostanza in cui si genera e prende forma. Una circostanza che va considerata tutta assieme nei suoi diversi aspetti dell’economia, delle risorse, dell’etica, dell’estetica. Un buon progetto risponde in maniera adeguata alle aspirazioni di una comunità consapevole, cerca e trova corrispondenza con quanto la realtà richiede ed è sempre il frutto di una adeguata meditazione sui principi e sulle ragioni che lo sorreggono, condizione che lo pone al di sopra e al di là delle mode e delle forme espressive che si susseguono nel corso del tempo.
Monopoli vanta un impianto medievale e uno ottocentesco nobili e ben sposati tra loro, che hanno generato un disegno urbano in cui, a distanza di due secoli, la città ancora si riflette e si identifica. Abbiamo poi prodotto, in anni recenti, pessimi esempi di urbanistica “zigzagante”, conformata alla logica particellare e individualistica del prevaricante interesse privato. Esempi nei quali non sono leggibili, se non in piccole e sporadiche tracce, un disegno organico e complessivo della città moderna e una ragione condivisa della città stessa. Così la città offre di sé, ai suoi cittadini e a chi la conosce solo di passaggio, un’immagine duplice: ai nuclei storici fortemente riconoscibili nella loro identità, si giustappone una città sconnessa e senza connotati.
Se, come crediamo, per le città italiane e per Monopoli si apre nell’immediato futuro uno scenario di ristrutturazione urbana e di ripensamento sugli errori passati, questa occasione epocale non può essere trascurata e lasciata pascolare in un consueto processo decisionale di routine, ma deve diventare un germe di buone pratiche amministrative e un momento di riqualificazione urbana capace di irradiare effetti benefici al suo intorno.
Occorre riprendere a progettare la città partendo dalla forma dello spazio pubblico e dalla consapevolezza che una logica comunitaria debba tornare a sovrintendere alle trasformazioni urbane. Occorre riportare in primo piano il concetto di costruzione della città come fatto di interesse collettivo, condiviso tanto dagli operatori quanto dai semplici utenti; prodotto dell’ingegno in cui i cittadini si riconoscano e i visitatori riconoscano l’animo dei cittadini.

Il progetto della città e la forma dello spazio pubblico

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In sintesi, le recenti modifiche alle norme, successive all’adozione del Pug, hanno prodotto un consistente incremento di superfici edificabili nell’area di riqualificazione portuale, con conseguente oggettiva difficoltà di allocazione dei volumi.
Un approccio moderno, nello spirito dettato dall’attuale legislazione della Regione Puglia, impone un autentico percorso partecipato della città alle diverse fasi della pianificazione, con un’efficace strutturazione dell’organismo di coordinamento, che deve collaborare alla progettazione delle aree strategiche e contribuire alla riqualificazione dell’intero paesaggio urbano, interfacciandosi con un vero e proprio Ufficio di Pianificazione Integrata.
Il criterio di “adeguatezza” aiuta a definire e misurare la qualità di un progetto urbano o architettonico e consente a un’intera comunità di coadiuvare, se non condurre, processi complessi di trasformazione urbana condivisi ed esteticamente pregnanti.

Monopoli, 31 luglio 2014

Il Coordinamento Cittadino delle Associazioni, dei Comitati, dei Movimenti ed esponenti di Forze politiche di opposizione di Monopoli.

Il Territorio del Popolo Sovrano

15 lunedì Set 2014

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ambiente, Barbanente, beni comuni, città, Codice dei Beni Culturali, consumo di suolo, Ministero dei Beni Cultrali, Piano Paesaggistico Territoriale Regionale, Vezio De Lucia

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di Giambattista Giannoccaro

La vicenda del progetto da 70 mln di euro del resort a 5 stelle di Nardò (il caso Deighton in Salento ), che in questi giorni suscita scalpore, per la bocciatura del progetto da parte della Soprintendenza ai Beni Culturali e Paesaggio e della Regione Puglia, (il Governo Italiano minaccia di occuparsi direttamente della questione), anche se ha già avuto chiare risposte da parte del presidente Vendola e dell’assessore Angela Barbanente, a mio giudizio ha bisogno di un commento più approfondito di quanto i media si sono limitati a fare. Il popolo pugliese, quello attento, non indifferente, attivo nella salvaguardia del territorio per uno sviluppo reale, condiviso e di lunga durata, è in grado di argomentare sulla vicenda ma soprattutto vuole sviscerare i motivi reali che stanno portando l’Italia ed in particolare la Puglia a diventare terra di conquista e soprattutto quali mezzi abbiamo per limitare i danni già perpetrati.

Il 12 settembre presso il Giardino dei Limoni di San Benedetto, a Conversano, dove si è tenuta la 10^ edizione di Lectorinfabula, dall’ 11 al 14 settembre, si è svolta una conversazione moderata da Oscar Buonamano, con Vezio De Lucia e Marica Di Pierri. Vezio De Lucia ha ricordato, per chi lo avesse dimenticato, che in Puglia è stato adottato un Piano Paesaggistico, che ha grande valore strategico per lo sviluppo pugliese ma bisogna seguire le sue regole e che, tra l’altro, è stato redatto secondo il “Codice dei beni culturali e del paesaggio”. Successivamente, rispondendo alla domanda del moderatore su “chi si deve occupare della difesa del territorio” De Lucia risponde: l’articolo 9 della Costituzione italiana svolge ampiamente questa funzione.

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“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”

tutto ciò ha un unico valore fondante: l’interesse collettivo.

Come dimostra Paolo Maddalena, nel suo Libro “Il Territorio Bene comune degli Italiani”   estremamente importante “distinguere  la proprietà comune o collettiva che ha il suo fondamento nella “sovranità” , dalla proprietà privata che ha il suo fondamento nella legge,” ristabilendo un equilibrio che negli ultimi decenni di storia italiana è stato tutto sbilanciato a favore della proprietà privata.

E’ necessario fare un breve excursus sulle vicende urbanistiche più importanti, non solo degli ultimi anni, per cercare di capire come sono andate le cose e soprattutto quanto altro si sta facendo per finire di spingere l’Italia nel più breve tempo possibile alla sua morte, in tutti i sensi.

Nel 1963, vi fu il primo tentativo di Riforma Urbanistica alla legge urbanistica del 1942 (tutt’ora in vigore), che cercò di salvaguardare il diritto alla casa abbattendo i costi dovuti alla rendita fondiaria, in cui si prevedeva l’obbligo per i comuni di acquistare i terreni, secondo il loro valore agricolo, compresi nella zona da urbanizzare, di procedere in un secondo momento all’urbanizzazione e di vendere poi ai costruttori, a prezzi ragionevoli, il diritto di superficie per un determinato numero di anni. La legge venne bocciata dalla stessa Democrazia Cristiana, partito in cui era parte attiva nella corrente di sinistra, l’onorevole Fiorentino Sullo, ispiratore della riforma, spinta dalle lobby degli speculatori edilizi e sostenuta dai partiti di destra.

Nel 1977 con la Legge Bucalossi, meno ambiziosa ma sicuramente positiva, il “potere” del “ius aedificandi” venne spostato alla Pubblica amministrazione, non come una facoltà insita nel diritto di proprietà privata, allora non si parlava di “licenza” ma di “concessione edilizia”. Già era un buon passo avanti. Tutto però venne rimescolato purtroppo grazie alla stessa Corte Costituzionale che qualche anno dopo, stranamente, con sentenza n°5 1980 considerò il ius aedificandi inerente al diritto di proprietà privata che fece si che s’introducesse nel Testo Unico per l’Edilizia (d.p.r. 2001 n°380) la dicitura “permesso di costruire”. Si fini così per consegnare definitivamente nelle mani dei palazzinari i terreni agricoli, i beni artistici e storici dando maggior rilievo al diritto di proprietà privata, anziché opporre l’esistenza, costituzionalmente convalidata, di un “diritto di proprietà o super proprietà” del popolo sul territorio.

E’ necessario, spiega ancora Paolo Maddalena, far capire che la tutela del paesaggio, dei beni culturali, ecc., non costituisce assolutamente un limite alla proprietà privata, ma è espressione di una tutela diretta da parte dell’ordinamento giuridico di beni che appartengono al popolo a titolo di sovranità, mentre invece è la proprietà privata che costituisce un limite al diritto di proprietà collettiva del popolo sul territorio, in quanto la proprietà privata individuale deve assicurare la “funzione sociale” del bene che si ha in proprietà e non può essere in contrasto con l’utilità sociale o arrecare danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana. (art 41 e 42 della vigente Costituzione Italiana) In sostanza “funzione sociale” e “utilità sociale” non si perseguono con la distruzione del paesaggio o del patrimonio storico ed artistico della nazione.

Contestualmente il già citato Testo Unico per l’Edilizia, ha ulteriormente aggravato la condizione delle nostre città a causa dell’abrogato art. 12 della legge 10 1977 (Bucalossi) secondo cui:

“i proventi da oneri di urbanizzazione dovevano obbligatoriamente essere utilizzati dai Comuni per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, il risanamento dei complessi edilizi compresi nei centri storici, le spese di manutenzione ordinaria del patrimonio comunale. E’ successo che con l’abrogazione di detto principio i comuni si sono sentiti liberi di impiegare dette entrate anche per le spese correnti, ed essendo queste ultime sempre crescenti, hanno cominciato ad allentare la guardia sulle autorizzazioni a costruire, o peggio a stimolare l’invasione del territorio, modificando piani regolatori, concedendo eccezioni e deroghe, chiudendo un occhio e più spesso entrambi, ed il fatto peggiore è che essendo diventati gli oneri di urbanizzazione un introito dal quale si aveva bisogno anno per anno, i comuni hanno accresciuto il numero delle costruzioni, allentando i controlli, cannibalizzando il territorio.” (Salvatore Settis)

In questi giorni sta per aggiungersi la proposta di legge Lupi:

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«Il governo del territorio è regolato in modo che sia assicurato il riconoscimento e la garanzia della proprietà privata […] e il suo godimento».

“Per Lupi infatti urbanistica coincide con edilizia e la riforma è dunque finalizzata a trovare linfa per il settore immobiliare, stagnante. La soluzione è semplice: rendere virtualmente edificabile l’intera penisola, per rafforzare la rendita fondiaria attraverso l’istituzione dei diritti edificatori «trasferibili e utilizzabili […] tra aree di proprietà pubblica e privata, e liberamente commerciabili» (art. 12). Il «registro dei diritti edificatori» sancisce la finanziarizzazione della disciplina: si profila uno scenario di urbanistica drogata, dove perequazione, compensazione, premialità ed esproprio (sì, esproprio, cfr. art. 11, c. 2) sono ripagati con titoli tossici come in un gioco di borsa. Tutto il contrario della pianificazione.

La proposta legislativa fluttua nel completo distacco dalla concretezza fisica del territorio e dell’ambiente urbano che tenta di governare; lo slittamento dall’oggetto della pianificazione (città e territorio) alle procedure, genera, in sede di presentazione, affermazioni eversive disciplinarmente, politicamente e socialmente, tra cui spicca, per duplice grossolana aporia, «la fiscalità immobiliare come leva flessibile [sic] del governo del territorio». Ma lungo l’articolato trapela la vera passione del ministro: le grandi opere. L’istituenda DQT, Direttiva Quadro Territoriale, quinquennale e direttamente approvata dal presidente del consiglio dei ministri (art. 5), è configurata come un piano nazionale delle infrastrutture (affinché non ci si debba più confrontare con ponti sullo Stretto «proclamati e mai realizzati») che sovverte l’ordine delle cose, subordinando il paesaggio al governo del territorio, in contrasto col Codice dei beni culturali.”

di Ilaria Agostini

( http://altracitta.org/2014/08/04/urbanistica-tossica-lupi-sulla-citta-e-la-vostra-casa-si-deprezza/ )

E’ di oggi la dichiarazione a “Il Fatto Quotidiano” dell’ex Ministro Bray contro il taglio dei fondi al Ministero dei Beni Culturali:

“Tutelare il nostro immenso patrimonio artistico è un dovere”. Parla l’ex ministro della Cultura e ora direttore editoriale dell’Enciclopedia Treccani, Massimo Bray (Pd), intervenendo alla festa del Fatto Quotidiano in corso a Roma (13 e 14settembre – Isola Tiberina) durante il dibattito “Beni e mali culturali italiani” con Antonello Caporale (il Fatto Quotidiano), Rita Paris (Direttore Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma), Anna Maria Bianchi (regista) e Tomaso Montanari (storico dell’arte e blogger de ilfattoquotidiano.it). Il predecessore del ministro Dario Franceschini è critico nei confronti del piano del governo Renzi che prevede il taglio del 3% ai ministeri. “Credo – dice Bray – che non si può rispettare l’articolo 9 della Costituzione riducendo le risorse, già scarse, al ministero dei Beni culturali. Risorse che andrebbero, invece, aumentate. E’ necessario acquisire maggiore consapevolezza del valore del nostro patrimonio e cambiare le politiche nei confronti della nostra ricchezza storica”

di Annalisa Ausilio

( http://tv.ilfattoquotidiano.it/2014/09/14/beni-culturali-bray-tagliare-fondi-al-ministero-e-contro-costituzione/296457/ )

Monopoli – Area ex Cementeria – Ultima Parte

10 martedì Giu 2014

Posted by terradegnazia in Paesaggio, Territorio, Urbanistica

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consumo di suolo, Francesco Selicato, Paolo Berdini, Paolo Maddalena, Perequazione urbanistica, Piano Paesaggistico Territoriale Regionale, questione ambientale, Rigenerazione urbana

Documento redatto dal Coordinamento di Associazioni e Movimenti

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  • Un altro argomento che appare e che scompare:

– La questione ambientale e la salute pubblica

La consultazione dei documenti disponibili visionati –  previa richiesta di accesso agli atti – presso gli uffici dell’Area Organizzativa IV Urbanistica, del Comune di Monopoli, in via Isplues n. 14 -, ha permesso di constatare che in data 16/06/2013 sono stati effettuati n° 3 carotaggi, più n°1 rilevazione piezometrica nell’area a monte di Via Nazario Sauro: tali rilievi hanno prodotto risultati entro i limiti della norma.

In tempi antecedenti però, nella missiva della Provincia di Bari, Servizio Polizia provinciale, Protezione civile ed Ambiente”, prot. 0099902 del  11/06/2012, si legge che:

“(…) in data 13/10/2011 presso i competenti uffici regionali si è tenuto un incontro preliminare per la definizione di un percorso  amministrativo relativo alla soluzione delle problematiche inerenti all’area in oggetto specificata. In tale sede, si è ritenuto necessario integrare le indagini ambientali già effettuate, con ulteriori campionamenti di terreni e acque sotterranee.”

Non ci è stato possibile visionare il verbale del succitato incontro, in virtù del fatto che tale documentazione non è risultata essere presente negli atti messi a disposizione.

Riteniamo invece di grande importanza il dato relativo ai campionamenti indicati in quel verbale – riferiti al sedime dello stabilimento ex-Italcementi – in quanto senz’altro fornirebbero alla cittadinanza un dato essenziale sull’eventuale stato di inquinamento della falda.

Pertanto chiediamo che tali rilevazioni siano rese disponibili e pubbliche.

Chiediamo, inoltre, se sono state effettuate caratterizzazioni sui materiali costituenti le due ciminiere, poiché nella documentazione visionata anche questi dati non erano presenti.

Lo ribadiamo anche in questa sede ritenendo possibile che le stesse ciminiere siano state costruite con componenti a base di amianto. 1920048_222664297938480_1220620187_n

  • Ripensare al modo in cui interveniamo sul territorio

Spesso incapaci di immaginare un diverso modello di sviluppo, realmente sostenibile e biocompatibile, continuiamo ad aggredire il territorio e l’ambiente di cui facciamo parte integrante.

Seghiamo il ramo su cui siamo seduti: attori economici attratti da soluzioni facili e immediate e mirate esclusivamente al profitto, amministratori desiderosi di procurarsi visibilità e facile consenso, cittadini che non riescono ad essere lungimiranti rispetto agli effetti dei propri comportamenti.

Per calcolo, o per abitudine, troppo spesso si converge su un consumo indiscriminato di risorse senza considerare gli effetti collaterali della propria condotta. Effetti che generano crisi e immiserimento complessivo del patrimonio e dell’economia, anche nel senso delle risorse “monetizzabili”.

Il prof. Paolo Berdini, insigne urbanista e studioso, già presidente dell’INU (Istituto Nazionale di Urbanistica) lo evidenzia molto bene: “con la crisi più si costruisce e più diminuisce il valore dei beni immobiliari delle famiglie, passati in pochi anni dal 20 al 40 per cento di riduzione; viceversa, dal 1994 al 2008, si era assistito a un aumento esponenziale del valore delle case. In tal senso, l’attuazione dei piani regolatori nelle grandi città, che contemplano un incremento di cemento spaventoso, aggraveranno ulteriormente la situazione.  E, alla fine, chi ci rimetterà veramente saranno proprio le amministrazioni locali, alcune delle quali, vedi Alessandria, Catania, Roma, Torino, Parma, sono fallite o quasi per la scellerata espansione urbanistica”.

La crisi del settore edile non sarà risolta, quindi, da un nuovo consumo di suolo, che, al contrario, dissipa le risorse pubbliche e private, e la ricchezza di comunità e famiglie generando una vera e propria spirale negativa.

E, a proposito di una crisi del settore edile che si autoalimenta e che contribuisce a determinare una crisi ambientale, ad un intervistatore che gli ricordava alcuni timori dell’ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) rispetto all’adozione del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale, il professor Magnaghi rispondeva: “Intanto non è certo il Piano paesaggistico ad aver determinato la crisi del settore edilizio, in corso da diversi anni, quanto una dissennata furia edificatoria che ci ha riempiti di capannoni e appartamenti vuoti in periferie degradate. Ora un Piano come questo può, al contrario, avviare un patto con i costruttori perché magari siano avviati anche investimenti pubblici sulla riqualificazione e sul riuso delle periferie del degrado con abbattimenti, ricostruzioni e riutilizzi”.

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Plano volumetrico dell’area ex cementeria all’interno del tessuto urbano esistente, visto in relazione agli assi stradali principali, al borgo ottocentesco ed al borgo antico. (Elaborazione Studio Prof. Ing. Francesco Selicato)

 

Un’intesa è quindi possibile “(…) purché il settore edilizio invece di pensare alla rendita breve si attrezzi con investimenti produttivi per la qualità del costruito, la sua valenza di risparmio e produzione energetica, senza più consumare suolo agricolo. È tempo che ci si preoccupi della qualità della vita, all’interno della città“.

Al contrario di ciò che spesso hanno pensato gli operatori meno lungimiranti, la salvaguardia del territorio non va in contrasto con l’economia ma addirittura la genera e la rigenera.
Lo hanno compreso molto bene il maggiore sindacato nazionale dei lavoratori edili, la Fillea CGIL e addirittura, almeno in alcune sue componenti, l’ANCE, l’Associazione Nazionale Costruttori Edili.

Potremmo citare molti altri autorevoli interventi sul tema, ma ci sembra indispensabile ricordare qui che il maggiore sindacato nazionale dei lavoratori edili, la Fillea Cgil, nello scorso gennaio, ha ufficialmente assunto una forte posizione proprio sul tema del contenimento del consumo di suolo.

Quello che può apparire un paradosso segnala l’urgenza, anzi la drammaticità del problema.
Crediamo valga la pena riportare queste dichiarazioni di Salvatore Lo Balbo, segretario nazionale Fillea:
“C’è bisogno di una nuova politica industriale delle costruzioni, in grado di dare un forte segnale di discontinuità con il passato. In gioco non c’è solo il futuro del lavoro del nostro settore, ma anche quello del nostro territorio.                        

Dice anche Danilo Barbi, segretario confederale CGIL: “Con la crisi, questo modello di sviluppo non funziona più, se è vero che, malgrado l’aumento delle cubature, le case finiscono invendute. È un modello superato, che ha creato ricchezza solo per pochi grandi proprietari e non l’ha redistribuita alla collettività, anzi, ha aumentato le diseguaglianze sociali. Ragion per cui, basta con il costruire tanto per costruire, ci vuole un nuovo modello di sviluppo basato sulla sostenibilità ambientale, sull’innovazione tecnologica, sulla riqualificazione urbana, con imprese più strutturate che puntino alla qualità del prodotto e con un governo che dia un nuovo indirizzo politico in tal senso, con processi di pianificazione pubblica da parte degli enti locali che puntino sui consumi collettivi anzichè su quelli privati”.

Aggiunge Walter Schiavella, segretario generale Fillea: “Dal 1994 ad oggi i comuni italiani – ha affermato Schiavella – hanno subito un progressivo esautoramento del controllo di tali interventi che sono stati pressochè liberalizzati. Pensiamo sia arrivato il momento di riportare nell’alveo di una corretta ed efficiente pianificazione urbana la definizione delle trasformazioni degli edifici e dei tessuti urbani esistenti. Il ventennio della deregulation e dei piani casa non solo non ha prodotto i risultati sperati in termini quantitativi, ma in moltissimi casi ha reso ancora più brutte e disordinate le periferie urbane. Occorre dunque rinnovare le città, costruire attraverso regole semplici, condivise ed efficaci che non permettano il perpetuarsi della logica speculativa che ha trionfato in questi anni”.

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Plano volumetrico di una simulazione progettuale sull’area ex cementeria. I volumi utilizzati in questo esempio non sono l’espressione degli indici del PUG o dei diritti edificatori trasferiti (perequazione urbanistica) ma la soluzione meno impattante sul tessuto urbano esistente. (Elaborazione Studio Prof. Ing. Francesco Selicato)

“E perciò – commenta l’autore delle interviste, Roberto Greco, per Salviamo il Paesaggio – rigenerazione dei centri storici, riqualificazione delle periferie, massima espansione delle infrastrutture esistenti dedicate alla mobilità collettiva urbana, suburbana ed extraurbana, guardando anche a ciò che accade nell’Europa del nord, dove ai comuni vengono riconosciuti adeguati finanziamenti per rendere concreti gli interventi di rinnovo urbano, finalizzati alla valorizzazione degli interessi pubblici. Da noi, fino ad oggi, si è operato al contrario, tagliando i trasferimenti alle autonomie locali per contenere il deficit pubblico”.

Per tutti questi motivi ci pare molto importante quanto ci dice ancora la Regione Puglia:

“(…) I luoghi della rigenerazione sono quelli che hanno più bisogno delle nostre cure: i contesti urbani periferici e marginali interessati da carenza di attrezzature e servizi; i contesti urbani storici interessati da degrado e abbandono; edifici e spazi aperti degradati; aree ed edifici dismessi. Oggi in Puglia, grazie ai tanti interventi di rigenerazione realizzati o in corso, molti spazi pubblici, della città storica o contemporanea – strade, piazze, mercati, parchi e  waterfront – sono stati restituiti agli abitanti come luoghi di relazione e socializzazione. Essi sono importanti non solo per migliorare la qualità della vita di chi vi abita ma anche per attrarre nuove popolazioni, funzioni e attività, generando così nuove reti di risorse culturali ed economiche”

Ci pare che la Regione si stia muovendo nella direzione che auspichiamo, cercando di svolgere un ruolo trainante, indicando  strade concretamente percorribili, offrendo strumenti e opportunità che sta a tutti noi – cittadini, amministratori, professionisti, imprenditori – decidere di cogliere.

Al termine di questa disamina delle importanti questioni che abbiamo davanti a noi ritorniamo al punto dal quale siamo siamo partiti:

la sovranità popolare, che va esercitata attraverso la partecipazione democratica, per difendere il territorio, inteso – dice ancora l’illustre giurista Paolo Maddalena, ex Presidente della Corte costituzionale –  «(…) come “ambiente”, meglio si direbbe, come ha affermato la Corte costituzionale, come “biosfera”, in modo da far rientrare in questo concetto, oltre il suolo e il sottosuolo, tutto ciò che esiste sul soprassuolo, e cioè l’atmosfera, le acque, la vegetazione e le stesse opere dell’attività dell’uomo», come «(…) “bene comune unitario”, formato da  ”più beni comuni”, in “appartenenza” comune e collettiva (…)», «(…) perché popolo e territorio, insieme con la sovranità, sono “parti costitutive” della medesima “comunità politica” (…)».

editing per il web arch. Giambattista Giannoccaro

Monopoli – Area ex Cementeria – III Parte

07 sabato Giu 2014

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consumo di suolo, diffusione insediativa, Fabbisogno abitativo, Piano Urbanistico Generale, PUG Monopoli, sviluppo sostenibile

 Il documento redatto dal Coordinamento di Associazioni e Movimenti 

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  • Il terzo grande assente: il fabbisogno abitativo

Occorre ora tornare al Piano Urbanistico Generale (PUG) di Monopoli per ricordarne – sia pur in modo incompleto ed estremamente sintetico – gli obiettivi e le scelte fondamentali, che non possono restare delle mere dichiarazioni di intenti.

Gli obiettivi possono essere così riassunti:

Sviluppo sostenibile del territorio, garantendo il soddisfacimento dei fabbisogni abitativi, dei servizi e delle attrezzature e, nel contempo, favorendo il consolidamento e l’espansione del sistema produttivo; tutto ciò, tutelando le risorse ambientali non riproducibili e favorendo la rigenerazione di quelle riproducibili.

Le strategie perseguite si propongono:

  1. La riduzione del trend di consumo del suolo.
  2. La compensazione dei nuovi insediamenti con specifiche misure integrate nella normativa della trasformazione urbanistica.
  3. L’ambientazione del sistema infrastrutturale esistente e di nuova previsione con misure di compensazione e riduzione degli impatti.
  4. La riorganizzazione dello sviluppo turistico costiero.
  5. La tutela ambientale, attraverso:

– il ripristino dell’equilibrio idrogeologico del territorio, con salvaguardia e rinaturalizzazione ove possibile delle lame e dei canali irrigui;

– la costruzione di una rete ecologica territoriale, costituita dal sistema idrografico superficiale (lame e canali), dagli uliveti storici e/o monumentali ed aree a maggiore naturalità;

 – la costruzione di una rete ecologica urbana collegata alla  precedente, comprendente anche gli spazi verdi artificiali;

 – la tutela della piana olivetata;

 – la tutela degli olivi monumentali, anticipando le misure di gestione di cui alla LR n.14/2007;

 – il contenimento dei processi di diffusione insediativa.

6. Il miglioramento dell’accessibilità alla città;

7. L’efficienza del sistema infrastrutturale; 

 8. L’attivazione di politiche abitative per la riduzione dei valori immobiliari;

9. Lo sviluppo produttivo-

Rileggere tali obiettivi e strategie impone ovviamente una valutazione della coerenza di quanto finora è stato promosso e concretamente realizzato dall’azione amministrativa nelle direzioni sopra indicate, nonché di quanto amministratori e imprenditori desiderano realizzare nel territorio di Monopoli.

Confrontiamo ora gli obiettivi del PUG e la modalità di calcolo del “Fabbisogno Abitativo” della città che è alla base dello stesso PUG, verifichiamone la coerenza e rapportiamo tutto ai dati reali a disposizione di tutti.

Può  essere molto utile tener conto di quanto indicato dalla Regione Puglia, attraverso il Controllo di Compatibilità effettuato prima dell’approvazione del PUG: in tale occasione gli uffici regionali esprimevano grandi perplessità rispetto alle modalità con cui era stato calcolato il fabbisogno abitativo nella redazione del PUG.

Tale fabbisogno, espresso in numero di stanze, pari a 14676, moltiplicato per il parametro di 40mq/ stanza, utilizzato dai progettisti del PUG, ha regalato alla città una previsione del fabbisogno abitativo pari a 587040 mq di abitazioni, quantificabile in circa 5870 nuovi appartamenti della dimensione di 100mq nell’arco di 10 anni.

Così scrivevano i tecnici della Regione, nel 2010:

“L’adozione del parametro di 40 mq/stanza, corrispondente in termini volumetrici a mc.120, appare eccessivo e privo di specifiche motivazioni a supporto, considerando peraltro che contestualmente si ipotizza un indice di affollamento di progetto di 0,75 abitante/stanza; ne conseguirebbe un parametro finale di mc.160 per ogni abitante, immotivatamente esorbitante rispetto alle correlate disposizioni dell’art.3, ultimo comma, del DM n.1444/1968. Non sono in alcun modo analizzati, valutati e computati i carichi insediativi residui eventualmente rivenienti dai “contesti urbani consolidati”. Nei procedimenti di calcolo del “fabbisogno aggregato al 2022” (pag.133 della Relazione), non risultano considerati i fabbisogni pregressi di edilizia residenziale in funzione della popolazione e del patrimonio edilizio all’attualità.”.

E ancora, evidenziando che nel computo del fabbisogno abitativo i tecnici incaricati non avevano tenuto in considerazione l’enorme numero di abitazioni già sparse sul territorio, che avrebbe ridotto notevolmente il numero di nuove edificazioni previste:

“Per la (…) detrazione, rilevantissima sotto l’aspetto quantitativo, non risultano esplicitate specifiche motivazioni; peraltro, la detrazione stessa, incidente sulla determinazione del fabbisogno residenziale, non risulta neppure compensata da una corrispondente considerazione del patrimonio edilizio in questione ai fini del soddisfacimento di altre tipologie di fabbisogni, ivi compresa la domanda turistica”.

Detto in termini “non tecnici”: le previsioni di edificazione contenute nel PUG di Monopoli sono state notevolmente sovrastimate rispetto al fabbisogno reale. Sono “esorbitanti”, secondo la testuale valutazione dei tecnici della Regione, e in modo “immotivato”.
Nell’operare una previsione di lungo periodo delle attività edificatorie, il Comune di Monopoli aveva valutato per eccesso le previsioni di crescita della popolazione e per  difetto quanto era stato già costruito nel territorio urbano e poteva soddisfare una parte del nuovo fabbisogno.

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Le considerazioni e osservazioni appena citate, effettuate dagli uffici regionali in sede istruttoria nel 2010, oggi vengono a maggior ragione suffragate dai dati sul trend demografico negativo della nostra città (l’ultimo dato disponibile è quello al 31 dicembre 2012).

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Monopoli – Area ex Cementeria – II Parte

30 venerdì Mag 2014

Posted by terradegnazia in Ambiente, Territorio, Urbanistica

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Il documento redatto dal Coordinamento di Associazioni e Movimenti

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Lo spot della Regione Puglia sulla Rigenerazione Urbana

 

  • Di cosa parliamo quando parliamo di rigenerazione urbana 

La rigenerazione, se è ben governata e se passa attraverso reali percorsi di partecipazione dei cittadini – come la Regione Puglia rende obbligatorio – può davvero rappresentare l’elemento che consente alle città di ripensare a se stesse insieme a tutti coloro che le popolano, le abitano, le vivono e vi lavorano.

La rigenerazione diventa quindi una reale opportunità per riparare ai danni del passato, per immaginare il futuro salvaguardando il patrimonio storico, culturale e ambientale, per creare lavoro e avanzamento sociale.


Naturalmente, come sottolineava la professoressa Barbanente nel passo citato in precedenza, avere a disposizione degli importanti strumenti di legge non è di per sé sufficiente:

occorre volerli adoperare per il bene comune ed è necessario che le amministrazioni locali e i cittadini si impegnino seriamente per intraprendere questi percorsi.

E’ quindi condizione essenziale che tra operatori, professionisti, cittadini e rappresentanti politici si sviluppi seriamente una vera cultura della città.

Ancora una volta torniamo al tema della partecipazione:se, come abbiamo visto, la partecipazione è un’esigenza largamente sentita, che traspare dalla trama della Costituzione e viene sancita in modo ancor più visibile dall’articolo 118 del riformato Titolo V, diviene ora elemento imprescindibile fissato dalla normativa regionale.

Nel sintetico documento che accompagna il breve video istituzionale della Regione Puglia :

“(…) La legge e i programmi regionali pongono enfasi su alcuni requisiti che devono caratterizzare i processi di rigenerazione ai fini dell’efficacia degli stessi:

la partecipazione sociale, perché gli abitanti, in quanto profondi conoscitori dei propri ambienti di vita, di lavoro e di ricreazione, svolgano un ruolo attivo nella loro rigenerazione, valorizzando le qualità peculiari dei luoghi, contribuendo con le proprie competenze alla redazione dei progetti e poi prendendosi cura degli spazi riqualificati (…)”


Il tema della rigenerazione urbana e le sue opportunità sono ben sintetizzati dal succitato documento che recita:


“Il concetto di rigenerazione è legato a strategie messe a punto dai governi locali per affrontare le situazioni di crisi della città contemporanea mediante interventi non solo di riqualificazione fisica (urbanistica ed edilizia) ma anche di rinascita culturale, sviluppo economico e inclusione sociale. In Puglia il governo regionale si è fatto promotore di iniziative volte a sollecitare gli enti locali a definire queste strategie, ritenendole presupposti essenziali per ripensare lo sviluppo in chiave sostenibile e durevole. La carica innovativa di questo approccio risiede, sul versante dell’urbanistica, nella volontà di creare una netta discontinuità rispetto a decenni di esclusivo interesse per l’espansione delle città, di progetti elaborati nel chiuso degli studi professionali e calati dall’alto in contesti noti solo superficialmente, di una pianificazione quantitativa e astratta, incapace di dare risposta a concreti bisogni e domande sociali; sul versante delle politiche di sviluppo, l’elemento più innovativo consiste nella centralità attribuita al territorio, inteso nel suo intreccio di risorse materiali e immateriali, che comprende anche la sfera sociale e culturale e le capacità dei soggetti di attivarsi e autorganizzarsi per la sua messa in valore.

Gli strumenti approvati dalla Regione per promuovere quest’idea di rigenerazione e per affermarne l’approccio e i contenuti a livello locale sono tanti e fra loro complementari: normativi, d’indirizzo, finanziari (…)”.

E ancora:

“(…) Obiettivo della Regione è trasformare la riqualificazione urbana da evento straordinario ad attività ordinaria, da azione occasionale a pratica diffusa a livello locale, da intervento episodico a visione strategica per la rigenerazione di parti di città e sistemi urbani (…)

Altri requisiti necessari, oltre alla partecipazione dei cittadini devono essere:

“(…)  l’integrazione degli interventi non solo fra operatori pubblici e privati, fra destinazioni residenziali, terziarie e di servizio, fra classi sociali, per favorire la mescolanza di funzioni e popolazioni urbane, ma anche fra dimensione fisica, sociale ed economica, per rompere il circolo vizioso fra degrado fisico e disagio sociale;

il risanamento ambientale mediante l’adozione di criteri di sostenibilità ambientale e risparmio energetico nella esecuzione delle opere edilizie, la previsione di infrastrutture ecologiche, il recupero di aree permeabili (…)

Come dice ancora la professoressa Barbanente (da “Speciale Urbanpromo”, allegato a “Giornale dell’Architettura”, inverno 2013): “(…) Le ragioni della rigenerazione sono diverse: dalla necessità di riqualificare parti di città che versano in condizioni di degrado e abbandono, al dovere di restituire un ambiente di vita dignitoso a famiglie che abitano in periferie recenti prive di infrastrutture e servizi, alla necessità di arrestare un dissennato consumo di suolo che, oltre che sottrarre una risorsa collettiva irriproducibile e produrre elevatissimi costi sociali ed economici per la collettività, non è stata in grado di dare adeguata risposta al disagio abitativo (…)”.

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A tali parole si collegano perfettamente quelle del Prof. Alberto Magnaghi, l’esimio urbanista, responsabile scientifico del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale, il primo tentativo in Italia di dare una risposta complessiva e organica ai temi della tutela del patrimonio territoriale e del suo sviluppo sostenibile:

“In Puglia ho trovato un grande consumo di suolo e anche una enorme occupazione edilizia, con molto abusivismo sulle coste, e con periferie caratterizzate da bassa qualità costruttiva e disordine urbanistico. A questa visione si oppone, tuttavia, un patrimonio paesaggistico straordinario che rischia di essere trattato molto male, in nome di un’idea di sviluppo distorta che può magari dare benefici economici nell’immediato, ma annientare completamente le ricchezze del territorio.Si prenda il caso delle coste: finora le linee di intervento, sia abusive che legali, sono state quelle dell’occupazione attraverso infrastrutture – case, alberghi e villaggi – inseguendo una linea di tendenza che potrebbe trasformare dune, spiagge e scogliere in una sola colata di cemento. Il Piano, invece, tende a dare valore paesaggistico, ambientale e culturale alle città storiche sul mare e agli aspetti naturalistici, pure di un’ampia fascia dell’entroterra. Se vogliamo dire quali sono gli elementi caratterizzanti del Piano paesaggistico c’è da sottolineare che attraverso l’adozione di questo strumento la Puglia è la prima regione a licenziarlo in accordo con le regole del ministero per i Beni culturali e, per la prima volta, riguarda l’intero territorio regionale e questo prefigura pure un intervento attivo di valorizzazione e riqualificazione di paesaggi degradati, dalle periferie urbane alle zone industriali” (dall’intervista rilasciata a “La Repubblica Bari”, 20 settembre 2013).


 

  • Due grandi assenti quando si discute di interventi urbani: il consumo di suolo e il dissesto idrogeologico

Nelle loro dichiarazioni precedentemente riportate, sia Barbanente che Magnaghi, molto opportunamente, pongono l’accento sul grande, dissennato consumo di suolo, a cui è indispensabile porre un argine.

Questo non è un problema denunciato solo da alcuni gruppi ambientalisti “fondamentalisti”, ma un allarme che proviene ormai da molteplici e autorevoli voci. E’ un argomento che colpevolmente viene del tutto tralasciato quando si discute di interventi di trasformazione delle nostre città, sebbene la cronaca ce lo ricordi con cadenza settimanale, se non quotidiana.

Il livello di impermeabilizzazione del suolo, derivante da uno smodato consumo che non accenna a rallentare malgrado la crisi del settore edile, fa sì che bastino poche ore di pioggia per creare danni ingentissimi. Ultimo disastro, proprio delle scorse ore, a Senigallia, in una zona costiera che presenta caratteristiche molto simili a quelle del nostro territorio urbano e costiero.

I dati forniti dall’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale del Ministero dell’Ambiente sono a dir poco impressionanti così come lo sono i numeri e le immagini di #dissestoitalia, la prima grande inchiesta multimediale sul dissesto idrogeologico (chi lo desidera lo trova nell’approfondimento di seguito).

Ormai non si contano più le voci autorevoli che ci ripetono come sia necessario intervenire subito, tanto con la messa in sicurezza quanto con la prevenzione: il che significa non aumentare, bensì ridurre l’impermeabilizzazione dei suoli, cioè il cemento, legale o abusivo.

Tra gli altri vale la pena di ricordare Franco Gabrielli, capo della Protezione Civile.

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Secondo quanto riferisce l’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, sono stati ricoperti, negli ultimi 3 anni, altri 720 km2, 0,3 punti percentuali in più rispetto al 2009, un’area pari alla somma dei comuni di Milano, Firenze, Bologna, Napoli e Palermo. In termini assoluti, si è passati da poco più di 21.000 km2 del 2009 ai quasi 22.000 km2 del 2012, mentre in percentuale è ormai perso irreversibilmente il 7,3% del nostro territorio, procedendo ad una velocità di consumo di 8 metri quadri al secondo. La trasformazione del suolo agricolo in cemento non produce impatti solo sui cambiamenti climatici, ma anche sull’acqua e sulla capacità di produzione agricola. In questi 3 anni, tenendo presente che un suolo pienamente funzionante immagazzina acqua fino a 3.750 tonnellate per ettaro – circa 400 mm di precipitazioni – per via della conseguente impermeabilizzazione abbiamo perso una capacità di ritenzione pari a 270 milioni di tonnellate d’acqua che, non potendo infiltrarsi nel terreno, deve essere gestita. In base ad uno studio del Central Europe Programme, secondo il quale un ettaro di suolo consumato comporta una spesa di 6.500 euro (solo per la parte relativa al mantenimento e la pulizia di canali e fognature), il costo della gestione dell’acqua non infiltrata in Italia dal 2009 al 2012, è stato stimato intorno ai 500 milioni di Euro. Ancora, il consumo di suolo produce forti impatti anche sull’agricoltura e quindi sull’alimentazione.

Franco Gabrielli, capo della Protezione Civile, ha tentato di scuotere opinione pubblica, politici e amministratori con il suorichiamo, che ci pare ancora inascoltato (intervista rilasciata a Matteo Guidelli, Ansa, 10 febbraio 2014):
“Se il paese scegliesse di non fare nuove cose, ma di mettere in sicurezza quelle che ci sono, salvaguarderebbe quel patrimonio unico al mondo che sono il nostro territorio, le nostre comunità, i nostri abitanti e che, invece, in questa condizione di generale abbandono è messo in pericolo” e aggiunge: “Credo sia molto difficile riuscire in un paese diviso come il nostro, dove ognuno guarda al proprio particolare, ma dobbiamo provarci. Anche perché – risponde – abbiamo un grosso problema: abbiamo fatto in passato un uso smisurato del suolo e ora ne paghiamo le conseguenze. Si è costruito laddove non si doveva costruire e lo Stato, in molte occasioni, per far cassa ha condonato…Il problema dei problemi è proprio questo: noi parliamo e ci parliamo addosso. Queste cose le ho dette decine di volte e dunque o sono ripetitivo fino alla noia, oppure alle cose non si è dato seguito”.

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E l’allarme di Gabrielli non è certo eccessivo se stiamo semplicemente ai numeri:

anche secondo i dati raccolti in #dissestoitalia, la prima grande inchiesta multimediale sul dissesto idrogeologico, frane e alluvioni in Italia continuano ad aumentare: da poco più di 100 eventi l’anno tra il 2002 e il 2006 siamo gradualmente arrivati ai 351 del 2013 e ai 110 solo nei primi venti giorni del 2014 (data dell’ultima rilevazione). Negli ultimi 12 anni hanno perso la vita 328 persone. Nel gennaio 2014 in soli 23 giorni si sono registrati 110 episodi in tutto il territorio italiano. In poco più di 100 anni ce ne sono stati 12.600.

Secondo la Coldiretti, dal 1960 ad oggi, a causa delle frane e delle alluvioni, in Italia sono morte oltre 4mila persone. Fra il 1960 e il 2012, tutte le venti regioni italiane hanno subito eventi fatali. Si tratta di 541 inondazioni in 451 località di 388 comuni, che hanno causato 1.760 vittime (762 morti, 67 dispersi, 931 feriti), e 812 frane in 747 località di 536 Comuni con 5.368 vittime (3.413 morti compresi i 1.917 dell’evento del Vajont del 1963, 14 dispersi, 1.941 feriti).

Con i cambiamenti climatici, sottolinea sempre la Coldiretti, è sempre più urgente investire nella prevenzione. Eppure negli ultimi venti anni per ogni miliardo stanziato in prevenzione, spiega l’associazione, ne sono stati spesi oltre 2,5 per riparare i danni. Il ministero dell’Ambiente ha quantificato in circa 8,4 miliardi di euro i finanziamenti statali a politiche di prevenzione, mentre nello stesso periodo si sono spesi 22 miliardi di euro per riparare i danni causati da frane ed alluvioni.

Monopoli – Area ex Cementeria – I Parte

21 mercoledì Mag 2014

Posted by terradegnazia in Cittadinanza, Urbanistica

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Il presente documento è stato redatto il 9 Maggio scorso in occasione del dibattito sul tema cementeria, dal Coordinamento di Associazioni e Movimenti Cittadini monopolitani, formatosi spontaneamente per la partecipazione attiva alla trasformazione dell’area ex Cementeria, ritenuta da tutti area strategica per il futuro sviluppo della città.Copertina3

– INTRODUZIONE –

Chiarezza, Trasparenza e Partecipazione: dal nodo cementeria al governo delle trasformazioni di una città

In queste pagine proviamo a riassumere in modo comprensibile per tutti la complessa realtà della trasformazione dell’area ex-cementeria, e soprattutto le questioni urgenti che essa pone a tutti i cittadini di Monopoli e a quanti, pur non risiedendovi, hanno a cuore questa città.

Mettiamo questo documento a disposizione di tutti le cittadine e i cittadini, di tutte le associazioni, i gruppi, i comitati, i movimenti e le forze politiche.

Monopoli va incontro a una serie di importanti mutamenti, nel suo aspetto esteriore e nella sua natura, nella sua struttura sociale ed economica: affinché un’intera cittadinanza possa decidere della trasformazione del suo habitat, è indispensabile che tutti siano informati ampiamente e in modo corretto.

Ecco perché, volendo fare scelte di qualità, è sempre indispensabile esigere da tutti i protagonisti delle vicende cittadine la massima chiarezza e l’assoluta trasparenza, così che ognuno sia messo nelle migliori condizioni per partecipare ed esprimersi.

Invitiamo quindi i lettori meno abituati a concetti e parole come “piani”, schemi, indici, a non lasciarsi spaventare e fuorviare da questioni che possono apparire “tecniche”:

è sempre bene non perdere di vista il fatto che dentro e dietro tutto questo ci sono decisioni da cui dipendono l’aspetto della città, il suo sviluppo economico e culturale, il suo ruolo nel contesto territoriale regionale e la sua collocazione internazionale, la sua reale vocazione turistica, la sua vita sociale, la salute psicofisica dei suoi abitanti.

In poche, sintetiche parole, si tratta di decisioni che riguardano direttamente e concretamente, la qualità della vita di tutti. E’ per questo che la partecipazione dei cittadini deve essere attuata in modo autentico e corretto: i processi partecipativi, quando seriamente attuati, sono gli unici strumenti in grado di permettere a tutti di sentirsi davvero protagonisti attivi e non passive comparse.Sono gli unici strumenti che possono riavvicinare i cittadini alla “res publica”, la cosa pubblica, cioè alla politica intesa nel suo significato più alto.

Ci piace ricordare come la politica sia nata all’interno della città proprio come discorso sulla “cosa pubblica”, e come la città appartenga a tutti i cittadini, i quali, proprio grazie alla partecipazione, tornano a prendersi cura del patrimonio che hanno ereditato.

Intendiamo il patrimonio nel senso ben spiegato da Tomaso Montanari (“Istruzioni per l’uso”, Minimum Fax 2014):

“Il patrimonio non è un’entità amministrativa, né una categoria economica; è, letteralmente, il retaggio dei padri, l’eredità delle generazioni che ci hanno preceduti. E’ ciò che ci definisce come famiglia, come comunità”. Lo stesso Montanari dice poco dopo: “(…) «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione:» l’articolo 9 della Costituzione si lega all’articolo 1 («La sovranità appartiene al popolo»), perché, conquistando la sovranità, il popolo acquista anche un patrimonio, quello che un tempo era nella disponibilità del re. Così, parlando di patrimonio parliamo di cittadinanza, di sovranità popolare, di uno Stato inteso come comunità (…)”.

Anche il nome della nostra città è un patrimonio ereditato dall’illustre cultura dalla quale probabilmente discendiamo: quel nome è lì a ricordarci che Monopoli ha inscritta nel suo stesso nome la “polis”, il concetto di sfera pubblica e interesse collettivo.

In questo percorso il ruolo dei mezzi di informazione è fondamentale. Li ringraziamo tutti per il lavoro svolto finora e per quello che faranno ancora.


 

  • La partecipazione:  che cos’è e che ruolo ha

Assistiamo a una forte, crescente domanda di partecipazione, proprio nel senso del prendersi cura del nostro patrimonio, cioè del nostro territorio; un bene fondamentale, sul quale possiamo esercitare la sovranità popolare, come è espresso nell’articolo 1 della nostra Costituzione.

La partecipazione non è quindi una “moda” effimera, ma è alla base dello stesso principio di sovranità popolare espresso nello stesso art.1. Ecco quindi che i cittadini incalzano le amministrazioni su questioni decisive come la trasformazione del territorio.

Lo fanno ricordando con forza, a tutti gli attori in campo, che esistono valori superiori, come si suol dire “sovraordinati”, rispetto ad interessi particolari anche quando rilevanti.

La prepotente crescita di partecipazione che si è sviluppata negli ultimi anni ovunque, in Italia e nel mondo, sta stimolando la democrazia delegata e rappresentativa ad aprirsi e a rinnovarsi profondamente nelle sue ragioni e nelle sue pratiche. Questo è il fenomeno nuovo con il quale inevitabilmente la politica tradizionale dovrà confrontarsi in misura  crescente: la partecipazione dei cittadini alla vita della polis non deve esaurirsi al momento del voto.

Se ai partiti è giusto riconoscere un ruolo storico nella nostra società, è pur vero che in questo momento si verifica che la militanza negli stessi non sempre riesce a fornire una risposta adeguata e credibile al bisogno di partecipazione: in molti tendono a percepire le organizzazioni partitiche come “macchine del consenso” che mirano a gestire il potere per favorire la carriera di leader e aspiranti tali.

Accade che le persone, i cittadini, scoprano di volere e di poter rappresentare non più degli interessi individuali e “di parte”, ma interessi generali, comuni, collettivi: interessi quindi costituzionali, quelli sanciti dalla Costituzione italiana.


 

  • Il valore esemplare della partecipazione nel caso dell’area ex-cementeria

La vicenda dell’area ex-cementeria di Monopoli è un perfetto esempio di questa dinamica: a patto che si compia un reale sforzo di chiarezza e trasparenza, essa permette di comprendere quali sono le diverse visioni della città che in questo momento si confrontano.

La storia di Monopoli ci racconta di occasioni mancate, ma non abbiamo più intenzione e voglia di guardare indietro, bensì di individuare la via maestra per risolvere questioni ancora aperte.

Il tema della trasformazione di quest’area è importante per se stesso e in una prospettiva più ampia, che ci interroga su ciò che tutti noi vogliamo fare della nostra città.

A noi interessa porre questioni e proporre possibili soluzioni che riguardano e riguarderanno anche altre aree della città.

Vi è l’esigenza del portatore di interesse “particolare”, che muove dall’interesse economico soggettivo: interesse che nessuno disconosce ma che – come è sancito dagli articoli 41e 42 della nostra Costituzione – non può essere prevalente e soverchiante i diritti di un’intera collettività.

Non di meno, abbiamo l’esigenza della comunità dei cittadini, che è la vera proprietaria del territorio inteso nella sua globalità, come abbiamo ricordato sopra alla luce di quanto definisce la stessa Carta costituzionale.

Tra le due differenti prospettive l’Amministrazione è chiamata a gestire gli eventuali conflitti, dovendo comunque assumere come ruolo quello di tutela del diritto collettivo, evitando che questo sia limitato o addirittura negato da un pur rilevante interesse di natura privata.

Il tema della trasformazione di quest’area è importante per se stesso e in una prospettiva più ampia, che riguarda ciò che tutti noi vogliamo fare della nostra città.

Non siamo qui per partecipare all’ennesima puntata di un “match” tra attuali, precedenti o futuri amministratori, che rivendicano meriti e si rinfacciano demeriti, continuando a discutere sugli eventuali pregi e difetti del Piano Urbanistico Generale di Monopoli, il cosiddetto PUG.

A noi interessa porre questioni e proporre possibili soluzioni che riguardano e riguarderanno anche altre aree della città.


 

  • Gli strumenti della trasformazione di una città: alcune osservazioni relative al PUG

Uno strumento fondamentale, ma come vedremo non l’unico, a disposizione di una città per regolare e governare le sue trasformazioni è il suo Piano Urbanistico Generale, sinteticamente definito PUG.

In relazione al PUG di Monopoli ci interessa fare alcune osservazioni che derivano dalla semplice osservazione dei suoi effetti e delle sue contraddizioni. Nel fare questo sottolineiamo la nostra autonomia da appartenenze a schieramenti partitici.

Il PUG non è evidentemente riuscito a prevedere, e quindi risolvere in modo adeguato, il problema dell’area di cui parliamo. Questo ha generato rilevanti aspettative da parte della proprietà del tempo, la Italcementi, poi trasferite di recente alla “Solemare”.

C’è un limite strutturale nella concezione del PUG di Monopoli come in quello di altre città che si sono dotate in anni recenti di simili strumenti urbanistici: esso risiede nell’idea della cosiddetta “perequazione” o “compensazione”.

La perequazione e la compensazione pongono come fondamento di tutti gli interventi nel/sul territorio concetti come i cosiddetti “diritti edificatori” e i “crediti edilizi”, definiti da molti autorevoli tecnici e giuristi autentici “mostri giuridici”.

Ci rendiamo conto che alcuni anni fa, in particolare nel momento in cui gli enti locali sono stati messi in crescente difficoltà da tagli sempre più consistenti, i meccanismi della perequazione sono apparsi un utile strumento per promuovere trasformazioni urbane, ottenendo dai privati opere pubbliche in cambio di “premialità”, cioè di incentivi a costruire. Ma, come ormai tutti gli osservatori e gli addetti ai lavori più avveduti convengono, questa pratica, soprattutto quando non ben governata, ha sortito un po’ ovunque effetti collaterali indesiderabili, negativi e paradossali, generando nuovi problemi e non dando certo luogo a città più belle, razionali e vivibili.

Il giurista Stefano Lanza ha scritto “L’irresponsabile strada dei diritti edificatori e delle compensazioni urbanistiche”, e aggiunge “(…)i “diritti edificatori sono una balla, le “compensazioni urbanistiche” un regalo alla proprietà fondiaria (…)”. All’aberrazione dei “diritti edificatori”, introdotti dal piano urbanistico di Roma (giunta Veltroni), hanno dedicato interventi illuminanti e una importante opera di contrasto eminenti urbanisti come, tra gli altri, Edoardo Salzano, Vezio De Lucia, Paolo Berdini, Italo Insolera.

D’altro canto anche in casa nostra, in Puglia, come ci ricorda Nicola Signorile, autorevole  saggista e curatore della rubrica “Piazza Grande” su La Gazzetta del Mezzogiorno, “(…) il credito edilizio – introdotto furbescamente agli sgoccioli della giunta Fitto con l’articolo 7 della Legge regionale n.24 del 2004 – è stato abrogato con la successiva Legge regionale n.22 del 2006 (…)”.

I fondamentali studi dell’eminente giurista Paolo Maddalena, già presidente della Corte Costituzionale, dimostrano che l’idea di “ius aedificandi” «(…)contenuto nel diritto di proprietà privata è una pura favola»(vedi “Il territorio bene comune degli Italiani”, Donzelli 2014), spiegando come esso sia il risultato di una interpretazione discutibile e recente del diritto romano, peraltro smentita da ancor più recenti, importanti sentenze come quelle del Consiglio di Stato sez. IV, 29 dicembre 2009, nr. 9006, n. 119,  gennaio 2012, n.6656 del 21 dicembre 2012 e quelle delle Sezioni unite della Corte di Cassazione (nn. 3811 e 3813 del 16 febbraio 2011, 3665 del 14 febbraio 2011).

Come bene dice l’architetto Luisa De Biasio Calimani, nelle sue “Riflessioni sullo spazio pubblico”, “(…) da quando la politica considera la città poco più che un affare utile a risolvere i problemi di bilancio, il privato ha potuto assumere il posto di comando (…)”. Ci vorrebbero molte pagine per raccontare il disastro urbanistico e finanziario di Roma e di altre città “sedotte” dal meccanismo perverso della perequazione e non potremo certo farlo qui, rinviando ad altre future occasioni di dibattito.

A nostro avviso resta il fatto che il PUG di Monopoli è uno strumento che ha evidenti lacune e difetti: persino sulla corretta interpretazione delle sue norme relative all’area portuale (il cosiddetto ambito P1) c’è un dibattito molto forte, in corso ormai da alcune settimane. Riteniamo sia arrivato il momento per fare finalmente chiarezza anche su questo punto.

Malgrado i suoi vizi originari, il PUG ha alcuni pregi, insufficienti però ad affrontare e risolvere i nodi che oggi ci troviamo a dover sciogliere.

Anche il pioneristico tentativo di attuare una pratica partecipativa per Monopoli, con il “Partecipa PUG” non ha sortito gli effetti auspicati: erano altri tempi, evidentemente non ancora maturi.

Il clima in città è cambiato e ora finalmente le istanze partecipative bussano con forza.  La partecipazione rispetto alla trasformazione urbana non può quindi fermarsi a quell’esperienza ormai lontana.


 

  • Quali altri strumenti abbiamo a disposizione

Citiamo alcune parole della professoressa Angela Barbanente, docente di Tecnica Urbanistica e Pianificazione Territoriale presso il Politecnico di Bari, II Facoltà di Ingegneria di Taranto, Vice presidente della Regione Puglia, nonché assessore alla Qualità del Territorio: “(…) in Puglia non abbiamo un deficit di strumenti, anzi penso che ne abbiamo messo a disposizione tanti a favore dei territori delle comunità o degli enti locali. Forse abbiamo un deficit di visione, un deficit di capacità politica, di lavorare sulla base di sguardi ampi alla riqualificazione delle città e dei territori davvero come una opportunità di sviluppo. Abbiamo ancora una politica che lavora in termini di “cogliere l’occasione”, di attendere l’iniziativa privata, ed è incapace di svolgere il ruolo proprio del governo che è quello di guidare, di orientare, di costruire delle visioni che guardino, con lo sguardo largo di questo mondo globalizzato e puntandolo su quelle cose in cui possiamo competere, ovvero sulle peculiarità storiche e qualitative delle nostre città e dei nostri territori. Soltanto in questo modo possiamo utilizzare appieno gli strumenti che già abbiamo, e quando parliamo di strumenti stiamo attenti a non parlare di strumenti urbanistici in automatico ma dobbiamo fare riferimento anche agli strumenti finanziari o agli strumenti organizzativi, ad esempio, per promuovere la cultura della città e del territorio. Per cominciare a crescere ciò deve partire dai singoli professionisti ed arrivare ai singoli cittadini. Se non parte questa cultura sovraccarichiamo gli strumenti urbanistici di troppa responsabilità rispetto a quella che realmente hanno (…)”.

E dunque la professoressa Barbanente delinea con molta precisione il tema che si pone all’ordine del giorno: la ricerca di un senso più condiviso della città intesa come spazio pubblico e bene comune di chi la abita e la vive.

In altri termini ci dice che:

1) la politica deve avere una visione di ampio respiro culturale, sempre nel senso di tutela dello spazio pubblico, per sottrarsi a una logica fatalmente subalterna all’iniziativa privata; 

2) esistono vari strumenti messi a disposizione dall’Amministrazione regionale, ma che questi strumenti non sono automaticamente risolutivi.

Per far sì che questi ultimi abbiano efficacia e concreti risultati vanno sapientemente utilizzate le Leggi regionali:  n.21 del 29 luglio 2008 “Norme per la Rigenerazione urbana”,  n.14 del 10 giugno 2008 ““Misure a sostegno della qualità delle opere di architettura e di trasformazione del territorio”, n.44 del 17 dicembre 2013, “Disposizioni per il recupero, la tutela e la valorizzazione dei borghi più belli d’Italia in Puglia”e, naturalmente, il Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (Decreto della Giunta Regionale del 2 agosto 2013).

A questo punto lo stesso PUG di Monopoli andrebbe inquadrato, riletto e più correttamente interpretato nella direzione tracciata dalla leggi appena elencate.


continua…

Progetto “Imarfa” – Inno al consumo di suolo e destini del bene comune nella Terra d’Egnazia

23 mercoledì Apr 2014

Posted by terradegnazia in Paesaggio, Territorio, Urbanistica

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Città Diffusa, Convenzione Europea del Paesaggio, Diritto di Cittadinanza, Golf, San Domenico, Savelletri, Sprawl

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Passano i giorni, passano i mesi, passano gli anni. E mentre il tempo passa e con esso le obbligazioni amministrative sancite dalla UE, dal governo e dalle regioni (in questo caso la Regione Puglia), l’amministrazione comunale di Fasano, nonostante le rassicurazioni del sindaco e della giunta, va spedito verso l’inadempienza e il conseguente commissariamento. Perché?

Del Piano Comunale della Costa non se ne sa nulla, tutto tace, e tutti. O quasi. A quanto ci consta l’amministrazione comunale di Fasano allo stato attuale delle cose, non s’è minimamente preoccupata di indire un tavolo di concertazione con la cittadinanza (enti, associazioni, ecc.), per condividere il quanto mai indispensabile e necessario Piano Comunale della Costa. Perché?

Ci sono una serie di concomitanze legislative, convenzioni, programmi, leggi, a partire dalla convenzione di Arhus, per passare alla Legge Regionale n. 44 del 14 dicembre 2012 che regolamenta la VAS (valutazione Ambientale Strategica). Il tutto ruta intorno alla Delibera di Giunta Regionale n. 2273 del 13.10.2011 relativa all’approvazione del Piano Regionale delle Coste, è stata ripubblicata nella versione corretta sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 174 del 9/11/2011; dal giorno successivo a tale data, sono decorsi i termini previsti per la presentazione dei Piani Comunali delle Coste (quattro mesi). Il tavolo di concertazione, come è stato fatto nella vicina città di Monopoli, non è solo un diritto, è soprattutto un obbligo delle amministrazioni comunali. A Fasano nulla di tutto questo. E proprio per questo ci corre l’obbligo di porre ulteriori legittime domande.

Quali sono le attività pianificatorie di trasformazione del nostro territorio? Dove sono rese pubbliche? Come mai in questi mesi sui media locali non abbiamo letto un articolo di giornale che parli dei programmi di sviluppo territoriale del comune di Fasano? Dai siti istituzionali della Regione sappiamo che l’attuale amministrazione ha  in corso diversi progetti ma non se ne parla. Vorremmo capire in fine se si sta procedendo o meno per dotarsi di un Piano Comunale della Costa e se siano stati incaricati dei progettisti.

Nessuno che accenni minimamente a quanto ci apprestiamo a sorbire ancora una volta inconsapevolmente. Vogliamo dire grazie a chi ha salvato Fasano dal contrabbando creando nuovi posti di lavoro. Ma dovrete scusarci se siamo sbadati e un pò smemorati, o forse avremo anche letto da qualche parte, o qualche amico ce ne avrà parlato e lo abbiamo dimenticato, chiediamo a chiunque possa farlo, che ci illumini: com’è finita la storia dell’ (ve lo citiamo così com’è riportato nella Relazione Tecnica, per la verifica di assoggettabilità a VAS – Valutazione Ambientale Strategica),

“ACCORDO DI PROGRAMMA FINALIZZATO AL MIGLIORAMENTO DELLE CONDIZIONI AMBIENTALI, PAESAGGISTICHE E DI FRUIBILITA’ PUBBLICA DELLA COSTA MEDIANTE LA DELOCALIZZAZIONE DELLE VOLUMETRIE DEL COMPLESSO INDUSTRIALE MARMIFERO IMARFA SULLA STRADA PROVINCIALE SAVELLETRI-TORRE CANNE”?

Per la cronaca, in sostanza il progetto prevede (e ci scusiamo per chi legge se qui non si parla di immondizia, di commissariamenti e delle telenovele di sindaci, assessori e consiglieri):

1) Miglioramento delle condizioni ambientali mediante delocalizzazione delle volumetrie….

Ci stanno dicendo: vi togliamo un “ecomostro” (così il relatore, tecnico incaricato chiama l’ex stabilimento Imarfa, col chiaro obbiettivo di entrare nelle grazie degli ambientalisti o dei valutatori) in cambio di volumi da trasformare in residenze e di trasferirle dove più gli aggrada. Non gli bastano i volumi già realizzati… l’appetito vien mangiando.. e poi se è così facile procurarsi da mangiare, mangiamoci tutto.

2) Restituzione di un’area di servizio alla balneazione al comune con la demolizione dell’ “ecomostro”attraverso:

“il recupero e la messa a disposizione dell’area attualmente occupata dal complesso marmifero con la realizzazione di manufatti di facile rimozione (chiosco bar, servizi igienici,ecc.) e sistemazioni esterne (aree a verde, solarium, parcheggi, parco giochi per bambini, area sportiva,ecc.) al fine di creare una struttura pubblica di servizi per la balneazione.”

Non vi sembra che ciò sia più congeniale agli interessi delle strutture ricettive dei “proponenti” il progetto in questione? L’area dell’ex marmeria sorge proprio sul lato mare della….ex Masseria S. Domenico.

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L’area della Ex Marmeria nell’idea di progetto – Fonte: Sito Web Comune di Fasano

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Gli insediamenti e le aree d’intervento di S. Domenico a ridosso della ex Marmeria – Fonte:Sito Web Comune di Fasano

L’esempio emblematico più immediato sono le aree a ridosso delle scogliere sistemate a prato delle “Case Bianche”. Queste, lasciate per qualche tempo ad uso di tutti, oggi recintate con tanto di cartelli di proprietà privata, piantumate a canneto, che impediscono oltretutto il “cono visuale” per una libera fruibilità del panorama costiero, sono diventate di uso esclusivo dei clienti del Campo da Golf.

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Savelletri Località “Case Bianche” 2014

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Savelletri Località “Case Bianche” 2009

I nuovi insediamenti a ridosso di S. Domenico sorgeranno proprio sul tracciato della Via Traiana, su quei terreni dove, ancor oggi, si rinvengono, mescolati alla terra, resti del passaggio dei viandanti di epoca romana e medievale.

In “cambio” l’amministrazione sta dando la possibilità di realizzare un “ecomostro” ancor più grande. Pochi se ne rendono conto, quel “ecomostro” sarà travestito da insediamento sparso… il più sparso possibile, privato, recintato, così da occupare sempre più suolo agricolo, così da privarci dell’unica “arma” di autosostenibilità di lunga durata che ci rimane, la terra.

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I nuovi insediamenti e le aree d’intervento a ridosso di Borgo Egnazia – Fonte:Sito Web Comune di Fasano

Tante nuove unità abitative tra Borgo Egnazia e S. Domenico….evvai… vorremmo forse trasformare quest’ambito in un laboratorio sullo Sprawl, dove far esercitare i massimi studiosi della “città diffusa”?

Lame e insediamento

Le aree degli interventi – Fonte Sito Web del Comune di Fasano

3)Tutto ciò si sta attuando attraverso una Variante al PRG, e sulla procedura, visto che non troviamo evidenze e non siamo stati invitati ad esprimere un parere da semplici cittadini sensibili ai temi relativi alla trasformazione del proprio territorio, chiediamo delle risposte all’assessore ed al dirigente all’urbanistica:

  • 1) Dalla Relazione Tecnica si evince che è stata implementata la procedura di VAS (Valutazione Ambientale Strategica) ma non ci risulta l’invito a chi ne potesse essere interessato,( la cittadinanza attiva fasanese o le associazioni regolarmente iscritte nelle liste di questo comunead esempio) per permettere un “Tavolo Partecipato” così come previsto dalla Convenzione di Aarhus, cui l’Italia ha dato ratifica ed esecuzione con la legge 16 marzo 2001 n. 108, relativa all’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale. Come mai la cittadinanza non è stata informata, almeno attraverso i media, dell’inizio di tali attività e della procedura di VAS?

Sulla Valutazione Ambientale Strategica di piani e programmi che possono avere un impatto significativo sull’ambiente vi è la 

LEGGE REGIONALE 14 dicembre 2012, n. 44

L’accesso alle informazioni, le attività di comunicazione e consultazione e la partecipazione pubblica sono considerati elementi essenziali dell’azione amministrativa in materia ambientale. (art.19 comma 1)

In tale prospettiva si individua la VAS come processo idoneo a perseguire soluzioni condivise di pianificazione e programmazione, nella prospettiva dello sviluppo sostenibile.

  • 2. Non siamo a conoscenza di quali e quanti contributi ci siano stati da parte dei Soggetti Competenti in Materia Ambientale (SCMA) coinvolti dall’amministrazione fasanese, per la procedura VAS, visto che i termini fissati per l’invio degli stessi scadevano il 09/03/2014.
  • 3. Non siamo a conoscenza se l’amministrazione si sia attivata con la stesura di una bozza, o altro, del Piano Comunale delle Coste.
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