Il Territorio Bene Comune degli Italiani

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Il Comitato monopolitano di Salviamo il Paesaggio Difendiamo i Territori, in collaborazione con Donne per la Città – I Presìdi del Libro, Terra d’Egnazia ed altre realtà associative monopolitane e fasanesi, invita vivamente a partecipare, tutti coloro che hanno a cuore le proprie città ed i territori e vogliono esprimere con maggior forza il proprio diritto di cittadinanza, alle due giornate con Paolo Maddalena, Vicepresidente emerito della Corte Costituzionale.
1 e 2 settembre 2014

1 settembre 2014 ore 18.30 / Biblioteca dei ragazzi
Seminario/dibattito con Paolo Maddalena

Uscire dalla crisi con la Costituzione
Beni della natura, beni storici e culturali, beni dell’ingegno umano: in quali modi ci appartengono.
Economia, stato sociale e diritti nel rispetto della nostra Costituzione

2 settembre ore 19.30 / Conservatorio di Musica “Nino Rota”
Presentazione del libro di Paolo Maddalena “Il territorio bene comune degli Italiani” – Donzelli 2014

Libro madda


Conversazione tra l’autore e il pubblico

Introduce Domenico Di Leo, coordinatore di Salviamo il Paesaggio, Difendiamo i Territori / Monopoli

Paesaggi sonori a cura del Conservatorio di Musica “Nino Rota” Monopoli

 

Foto Madda


“Incontrare uno studioso e, ancor prima, una persona del valore di Paolo Maddalena è veramente un’opportunità straordinaria per tutte e tutti coloro che non si arrendono alla distruzione, in tutto il mondo, dei territori e dei diritti – diritti delle comunità e degli individui – in nome del “dio mercato”.

Leggere i suoi scritti o ascoltare una sua conferenza è come aprire finalmente le finestre per respirare aria pura scacciando l’aria stantìa, fritta e rifritta di tante banalità e luoghi comuni che ci tocca sentire ogni giorno per bocca di politici e opinionisti e che a furia di essere ossessivamente ripetute diventano senso comune.
E’ come far entrare luce, la luce della ragione e della cultura, per liberarci della cupezza del pensiero unico, quello per cui “non c’è alternativa”.

Invece l’alternativa c’è, come Paolo Maddalena ci mostra e ci insegna, con l’autorevolezza che proviene dalla sua profonda conoscenza delle dottrine giuridiche e dalla vastità della sua visione, che sa collegare costantemente elementi solo in apparenza distanti ed eterogenei e il generale al particolare.

Maddalena, è autore di saggi importanti, tra i quali ricordiamo “Costituzione incompiuta” (Einaudi 2013), scritto con Salvatore Settis, Alice Leone e Tomaso Montanari.

Nel suo ultimo lavoro, il fondamentale “Il territorio, bene comune degli Italiani” (Donzelli, 2014), – del quale in particolare, martedì 2 settembre discuteremo con lui – l’autore riesce a dimostrare in modo ineccepibile il collegamento tra la devastazione che subiscono i nostri territori, una visione distorta dell’economia (che, come diceva Oscar Wilde, assegna ad ogni cosa un prezzo e a nessuna un valore) e una altrettanto distorta interpretazione del diritto, che spesso finisce con l’assecondare proprio l’ideologia dell “Homo Oeconomicus”.

Tutto questo ci rende ostaggi di scelte che ci appaiono inevitabili e indiscutibili anche quando ne vediamo, tutti i giorni, gli effetti devastanti sulle nostre vite e sulla realtà che ci circonda.

Ci rende, in poche parole, prigionieri della “crisi”.
Una crisi i cui motivi sono tutti in quel perverso rapporto tra una visione dell’interesse economico ed un’ interpretazione del diritto, oggi ancora dominanti, improntate al privilegio dell’interesse particolare privatistico, in evidente contraddizione con il dettato della nostra Costituzione.

L’alternativa e le soluzioni ce le abbiamo tra le mani, soltanto che lo dimentichiamo:
abbiamo una Costituzione italiana (e, aggiungiamo, una Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea) largamente inattuata e che dobbiamo comprendere fino in fondo proprio per esigerne la completa applicazione.

Sarebbe come fare una specie di rivoluzione, realizzando finalmente uno stato sociale di diritto, così come fu immaginato dai costituenti.

Abbiamo il nostro territorio e la nostra Storia, che possono essere la soluzione ai problemi e non certo il problema, mostrandoci che solo nel rispetto delle risorse e della bellezza autentica del nostro patrimonio potremo conoscere uno sviluppo delle attività economiche realmente compatibile con la qualità della vita.

Come potete facilmente comprendere, si tratta di un’opportunità straordinaria per tutta la comunità pugliese, non solo per Monopoli.
Ed è una doppia opportunità, che permetterà a tutti coloro che lo vorranno di approfondire il discorso, di trarne spunti ed elementi da “portare a casa” e utilizzare concretamente nella vita delle nostre comunità e nel nostro essere cittadini italiani ed europei nel mondo globalizzato.

 

Parleremo dei “massimi sistemi”, perché essi ci riguardano, ma allo stesso tempo esamineremo casi molto concreti ed emblematici (emergenze ambientali, abusi, utilizzi distorti delle norme) che riguardano il nostro territorio.

Vi aspettiamo numerosi, con le vostre curiosità, le vostre domande e la vostra voglia di cambiare il senso del discorso pubblico.”

Domenico Di Leo – Coordinatore Salviamo il Paesaggio Difendiamo i Territori Monopoli

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Monopoli – Area ex Cementeria – Ultima Parte

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Documento redatto dal Coordinamento di Associazioni e Movimenti

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  • Un altro argomento che appare e che scompare:

– La questione ambientale e la salute pubblica

La consultazione dei documenti disponibili visionati –  previa richiesta di accesso agli atti – presso gli uffici dell’Area Organizzativa IV Urbanistica, del Comune di Monopoli, in via Isplues n. 14 -, ha permesso di constatare che in data 16/06/2013 sono stati effettuati n° 3 carotaggi, più n°1 rilevazione piezometrica nell’area a monte di Via Nazario Sauro: tali rilievi hanno prodotto risultati entro i limiti della norma.

In tempi antecedenti però, nella missiva della Provincia di Bari, Servizio Polizia provinciale, Protezione civile ed Ambiente”, prot. 0099902 del  11/06/2012, si legge che:

“(…) in data 13/10/2011 presso i competenti uffici regionali si è tenuto un incontro preliminare per la definizione di un percorso  amministrativo relativo alla soluzione delle problematiche inerenti all’area in oggetto specificata. In tale sede, si è ritenuto necessario integrare le indagini ambientali già effettuate, con ulteriori campionamenti di terreni e acque sotterranee.”

Non ci è stato possibile visionare il verbale del succitato incontro, in virtù del fatto che tale documentazione non è risultata essere presente negli atti messi a disposizione.

Riteniamo invece di grande importanza il dato relativo ai campionamenti indicati in quel verbale – riferiti al sedime dello stabilimento ex-Italcementi – in quanto senz’altro fornirebbero alla cittadinanza un dato essenziale sull’eventuale stato di inquinamento della falda.

Pertanto chiediamo che tali rilevazioni siano rese disponibili e pubbliche.

Chiediamo, inoltre, se sono state effettuate caratterizzazioni sui materiali costituenti le due ciminiere, poiché nella documentazione visionata anche questi dati non erano presenti.

Lo ribadiamo anche in questa sede ritenendo possibile che le stesse ciminiere siano state costruite con componenti a base di amianto. 1920048_222664297938480_1220620187_n

  • Ripensare al modo in cui interveniamo sul territorio

Spesso incapaci di immaginare un diverso modello di sviluppo, realmente sostenibile e biocompatibile, continuiamo ad aggredire il territorio e l’ambiente di cui facciamo parte integrante.

Seghiamo il ramo su cui siamo seduti: attori economici attratti da soluzioni facili e immediate e mirate esclusivamente al profitto, amministratori desiderosi di procurarsi visibilità e facile consenso, cittadini che non riescono ad essere lungimiranti rispetto agli effetti dei propri comportamenti.

Per calcolo, o per abitudine, troppo spesso si converge su un consumo indiscriminato di risorse senza considerare gli effetti collaterali della propria condotta. Effetti che generano crisi e immiserimento complessivo del patrimonio e dell’economia, anche nel senso delle risorse “monetizzabili”.

Il prof. Paolo Berdini, insigne urbanista e studioso, già presidente dell’INU (Istituto Nazionale di Urbanistica) lo evidenzia molto bene: “con la crisi più si costruisce e più diminuisce il valore dei beni immobiliari delle famiglie, passati in pochi anni dal 20 al 40 per cento di riduzione; viceversa, dal 1994 al 2008, si era assistito a un aumento esponenziale del valore delle case. In tal senso, l’attuazione dei piani regolatori nelle grandi città, che contemplano un incremento di cemento spaventoso, aggraveranno ulteriormente la situazione.  E, alla fine, chi ci rimetterà veramente saranno proprio le amministrazioni locali, alcune delle quali, vedi Alessandria, Catania, Roma, Torino, Parma, sono fallite o quasi per la scellerata espansione urbanistica”.

La crisi del settore edile non sarà risolta, quindi, da un nuovo consumo di suolo, che, al contrario, dissipa le risorse pubbliche e private, e la ricchezza di comunità e famiglie generando una vera e propria spirale negativa.

E, a proposito di una crisi del settore edile che si autoalimenta e che contribuisce a determinare una crisi ambientale, ad un intervistatore che gli ricordava alcuni timori dell’ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) rispetto all’adozione del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale, il professor Magnaghi rispondeva: “Intanto non è certo il Piano paesaggistico ad aver determinato la crisi del settore edilizio, in corso da diversi anni, quanto una dissennata furia edificatoria che ci ha riempiti di capannoni e appartamenti vuoti in periferie degradate. Ora un Piano come questo può, al contrario, avviare un patto con i costruttori perché magari siano avviati anche investimenti pubblici sulla riqualificazione e sul riuso delle periferie del degrado con abbattimenti, ricostruzioni e riutilizzi”.

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Plano volumetrico dell’area ex cementeria all’interno del tessuto urbano esistente, visto in relazione agli assi stradali principali, al borgo ottocentesco ed al borgo antico. (Elaborazione Studio Prof. Ing. Francesco Selicato)

 

Un’intesa è quindi possibile “(…) purché il settore edilizio invece di pensare alla rendita breve si attrezzi con investimenti produttivi per la qualità del costruito, la sua valenza di risparmio e produzione energetica, senza più consumare suolo agricolo. È tempo che ci si preoccupi della qualità della vita, all’interno della città“.

Al contrario di ciò che spesso hanno pensato gli operatori meno lungimiranti, la salvaguardia del territorio non va in contrasto con l’economia ma addirittura la genera e la rigenera.
Lo hanno compreso molto bene il maggiore sindacato nazionale dei lavoratori edili, la Fillea CGIL e addirittura, almeno in alcune sue componenti, l’ANCE, l’Associazione Nazionale Costruttori Edili.

Potremmo citare molti altri autorevoli interventi sul tema, ma ci sembra indispensabile ricordare qui che il maggiore sindacato nazionale dei lavoratori edili, la Fillea Cgil, nello scorso gennaio, ha ufficialmente assunto una forte posizione proprio sul tema del contenimento del consumo di suolo.

Quello che può apparire un paradosso segnala l’urgenza, anzi la drammaticità del problema.
Crediamo valga la pena riportare queste dichiarazioni di Salvatore Lo Balbo, segretario nazionale Fillea:
“C’è bisogno di una nuova politica industriale delle costruzioni, in grado di dare un forte segnale di discontinuità con il passato. In gioco non c’è solo il futuro del lavoro del nostro settore, ma anche quello del nostro territorio.                        

Dice anche Danilo Barbi, segretario confederale CGIL: “Con la crisi, questo modello di sviluppo non funziona più, se è vero che, malgrado l’aumento delle cubature, le case finiscono invendute. È un modello superato, che ha creato ricchezza solo per pochi grandi proprietari e non l’ha redistribuita alla collettività, anzi, ha aumentato le diseguaglianze sociali. Ragion per cui, basta con il costruire tanto per costruire, ci vuole un nuovo modello di sviluppo basato sulla sostenibilità ambientale, sull’innovazione tecnologica, sulla riqualificazione urbana, con imprese più strutturate che puntino alla qualità del prodotto e con un governo che dia un nuovo indirizzo politico in tal senso, con processi di pianificazione pubblica da parte degli enti locali che puntino sui consumi collettivi anzichè su quelli privati”.

Aggiunge Walter Schiavella, segretario generale Fillea: Dal 1994 ad oggi i comuni italiani – ha affermato Schiavella – hanno subito un progressivo esautoramento del controllo di tali interventi che sono stati pressochè liberalizzati. Pensiamo sia arrivato il momento di riportare nell’alveo di una corretta ed efficiente pianificazione urbana la definizione delle trasformazioni degli edifici e dei tessuti urbani esistenti. Il ventennio della deregulation e dei piani casa non solo non ha prodotto i risultati sperati in termini quantitativi, ma in moltissimi casi ha reso ancora più brutte e disordinate le periferie urbane. Occorre dunque rinnovare le città, costruire attraverso regole semplici, condivise ed efficaci che non permettano il perpetuarsi della logica speculativa che ha trionfato in questi anni”.

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Plano volumetrico di una simulazione progettuale sull’area ex cementeria. I volumi utilizzati in questo esempio non sono l’espressione degli indici del PUG o dei diritti edificatori trasferiti (perequazione urbanistica) ma la soluzione meno impattante sul tessuto urbano esistente. (Elaborazione Studio Prof. Ing. Francesco Selicato)

E perciò – commenta l’autore delle interviste, Roberto Greco, per Salviamo il Paesaggio – rigenerazione dei centri storici, riqualificazione delle periferie, massima espansione delle infrastrutture esistenti dedicate alla mobilità collettiva urbana, suburbana ed extraurbana, guardando anche a ciò che accade nell’Europa del nord, dove ai comuni vengono riconosciuti adeguati finanziamenti per rendere concreti gli interventi di rinnovo urbano, finalizzati alla valorizzazione degli interessi pubblici. Da noi, fino ad oggi, si è operato al contrario, tagliando i trasferimenti alle autonomie locali per contenere il deficit pubblico”.

Per tutti questi motivi ci pare molto importante quanto ci dice ancora la Regione Puglia:

“(…) I luoghi della rigenerazione sono quelli che hanno più bisogno delle nostre cure: i contesti urbani periferici e marginali interessati da carenza di attrezzature e servizi; i contesti urbani storici interessati da degrado e abbandono; edifici e spazi aperti degradati; aree ed edifici dismessi. Oggi in Puglia, grazie ai tanti interventi di rigenerazione realizzati o in corso, molti spazi pubblici, della città storica o contemporanea – strade, piazze, mercati, parchi e  waterfront – sono stati restituiti agli abitanti come luoghi di relazione e socializzazione. Essi sono importanti non solo per migliorare la qualità della vita di chi vi abita ma anche per attrarre nuove popolazioni, funzioni e attività, generando così nuove reti di risorse culturali ed economiche”

Ci pare che la Regione si stia muovendo nella direzione che auspichiamo, cercando di svolgere un ruolo trainante, indicando  strade concretamente percorribili, offrendo strumenti e opportunità che sta a tutti noi – cittadini, amministratori, professionisti, imprenditori – decidere di cogliere.

Al termine di questa disamina delle importanti questioni che abbiamo davanti a noi ritorniamo al punto dal quale siamo siamo partiti:

la sovranità popolare, che va esercitata attraverso la partecipazione democratica, per difendere il territorio, inteso – dice ancora l’illustre giurista Paolo Maddalena, ex Presidente della Corte costituzionale –  «(…) come “ambiente”, meglio si direbbe, come ha affermato la Corte costituzionale, come “biosfera”, in modo da far rientrare in questo concetto, oltre il suolo e il sottosuolo, tutto ciò che esiste sul soprassuolo, e cioè l’atmosfera, le acque, la vegetazione e le stesse opere dell’attività dell’uomo», come «(…) “bene comune unitario”, formato da  ”più beni comuni”, in “appartenenza” comune e collettiva (…)», «(…) perché popolo e territorio, insieme con la sovranità, sono “parti costitutive” della medesima “comunità politica” (…)».

editing per il web arch. Giambattista Giannoccaro

Monopoli – Area ex Cementeria – III Parte

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 Il documento redatto dal Coordinamento di Associazioni e Movimenti 

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  • Il terzo grande assente: il fabbisogno abitativo

Occorre ora tornare al Piano Urbanistico Generale (PUG) di Monopoli per ricordarne – sia pur in modo incompleto ed estremamente sintetico – gli obiettivi e le scelte fondamentali, che non possono restare delle mere dichiarazioni di intenti.

Gli obiettivi possono essere così riassunti:

Sviluppo sostenibile del territorio, garantendo il soddisfacimento dei fabbisogni abitativi, dei servizi e delle attrezzature e, nel contempo, favorendo il consolidamento e l’espansione del sistema produttivo; tutto ciò, tutelando le risorse ambientali non riproducibili e favorendo la rigenerazione di quelle riproducibili.

Le strategie perseguite si propongono:

  1. La riduzione del trend di consumo del suolo.
  2. La compensazione dei nuovi insediamenti con specifiche misure integrate nella normativa della trasformazione urbanistica.
  3. L’ambientazione del sistema infrastrutturale esistente e di nuova previsione con misure di compensazione e riduzione degli impatti.
  4. La riorganizzazione dello sviluppo turistico costiero.
  5. La tutela ambientale, attraverso:

– il ripristino dell’equilibrio idrogeologico del territorio, con salvaguardia e rinaturalizzazione ove possibile delle lame e dei canali irrigui;

– la costruzione di una rete ecologica territoriale, costituita dal sistema idrografico superficiale (lame e canali), dagli uliveti storici e/o monumentali ed aree a maggiore naturalità;

 – la costruzione di una rete ecologica urbana collegata alla  precedente, comprendente anche gli spazi verdi artificiali;

 – la tutela della piana olivetata;

 – la tutela degli olivi monumentali, anticipando le misure di gestione di cui alla LR n.14/2007;

 – il contenimento dei processi di diffusione insediativa.

6. Il miglioramento dell’accessibilità alla città;

7. L’efficienza del sistema infrastrutturale; 

 8. L’attivazione di politiche abitative per la riduzione dei valori immobiliari;

9. Lo sviluppo produttivo-

Rileggere tali obiettivi e strategie impone ovviamente una valutazione della coerenza di quanto finora è stato promosso e concretamente realizzato dall’azione amministrativa nelle direzioni sopra indicate, nonché di quanto amministratori e imprenditori desiderano realizzare nel territorio di Monopoli.

Confrontiamo ora gli obiettivi del PUG e la modalità di calcolo del “Fabbisogno Abitativo” della città che è alla base dello stesso PUG, verifichiamone la coerenza e rapportiamo tutto ai dati reali a disposizione di tutti.

Può  essere molto utile tener conto di quanto indicato dalla Regione Puglia, attraverso il Controllo di Compatibilità effettuato prima dell’approvazione del PUG: in tale occasione gli uffici regionali esprimevano grandi perplessità rispetto alle modalità con cui era stato calcolato il fabbisogno abitativo nella redazione del PUG.

Tale fabbisogno, espresso in numero di stanze, pari a 14676, moltiplicato per il parametro di 40mq/ stanza, utilizzato dai progettisti del PUG, ha regalato alla città una previsione del fabbisogno abitativo pari a 587040 mq di abitazioni, quantificabile in circa 5870 nuovi appartamenti della dimensione di 100mq nell’arco di 10 anni.

Così scrivevano i tecnici della Regione, nel 2010:

L’adozione del parametro di 40 mq/stanza, corrispondente in termini volumetrici a mc.120, appare eccessivo e privo di specifiche motivazioni a supporto, considerando peraltro che contestualmente si ipotizza un indice di affollamento di progetto di 0,75 abitante/stanza; ne conseguirebbe un parametro finale di mc.160 per ogni abitante, immotivatamente esorbitante rispetto alle correlate disposizioni dell’art.3, ultimo comma, del DM n.1444/1968. Non sono in alcun modo analizzati, valutati e computati i carichi insediativi residui eventualmente rivenienti dai “contesti urbani consolidati”. Nei procedimenti di calcolo del “fabbisogno aggregato al 2022” (pag.133 della Relazione), non risultano considerati i fabbisogni pregressi di edilizia residenziale in funzione della popolazione e del patrimonio edilizio all’attualità.”.

E ancora, evidenziando che nel computo del fabbisogno abitativo i tecnici incaricati non avevano tenuto in considerazione l’enorme numero di abitazioni già sparse sul territorio, che avrebbe ridotto notevolmente il numero di nuove edificazioni previste:

“Per la (…) detrazione, rilevantissima sotto l’aspetto quantitativo, non risultano esplicitate specifiche motivazioni; peraltro, la detrazione stessa, incidente sulla determinazione del fabbisogno residenziale, non risulta neppure compensata da una corrispondente considerazione del patrimonio edilizio in questione ai fini del soddisfacimento di altre tipologie di fabbisogni, ivi compresa la domanda turistica”.

Detto in termini “non tecnici”: le previsioni di edificazione contenute nel PUG di Monopoli sono state notevolmente sovrastimate rispetto al fabbisogno reale. Sono “esorbitanti”, secondo la testuale valutazione dei tecnici della Regione, e in modo “immotivato”.
Nell’operare una previsione di lungo periodo delle attività edificatorie, il Comune di Monopoli aveva valutato per eccesso le previsioni di crescita della popolazione e per  difetto quanto era stato già costruito nel territorio urbano e poteva soddisfare una parte del nuovo fabbisogno.

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Le considerazioni e osservazioni appena citate, effettuate dagli uffici regionali in sede istruttoria nel 2010, oggi vengono a maggior ragione suffragate dai dati sul trend demografico negativo della nostra città (l’ultimo dato disponibile è quello al 31 dicembre 2012).

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Monopoli – Area ex Cementeria – II Parte

Il documento redatto dal Coordinamento di Associazioni e Movimenti

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Lo spot della Regione Puglia sulla Rigenerazione Urbana

 

  • Di cosa parliamo quando parliamo di rigenerazione urbana 

La rigenerazione, se è ben governata e se passa attraverso reali percorsi di partecipazione dei cittadini – come la Regione Puglia rende obbligatorio – può davvero rappresentare l’elemento che consente alle città di ripensare a se stesse insieme a tutti coloro che le popolano, le abitano, le vivono e vi lavorano.

La rigenerazione diventa quindi una reale opportunità per riparare ai danni del passato, per immaginare il futuro salvaguardando il patrimonio storico, culturale e ambientale, per creare lavoro e avanzamento sociale.


Naturalmente, come sottolineava la professoressa Barbanente nel passo citato in precedenza, avere a disposizione degli importanti strumenti di legge non è di per sé sufficiente:

occorre volerli adoperare per il bene comune ed è necessario che le amministrazioni locali e i cittadini si impegnino seriamente per intraprendere questi percorsi.

E’ quindi condizione essenziale che tra operatori, professionisti, cittadini e rappresentanti politici si sviluppi seriamente una vera cultura della città.

Ancora una volta torniamo al tema della partecipazione:se, come abbiamo visto, la partecipazione è un’esigenza largamente sentita, che traspare dalla trama della Costituzione e viene sancita in modo ancor più visibile dall’articolo 118 del riformato Titolo V, diviene ora elemento imprescindibile fissato dalla normativa regionale.

Nel sintetico documento che accompagna il breve video istituzionale della Regione Puglia :

“(…) La legge e i programmi regionali pongono enfasi su alcuni requisiti che devono caratterizzare i processi di rigenerazione ai fini dell’efficacia degli stessi:

la partecipazione sociale, perché gli abitanti, in quanto profondi conoscitori dei propri ambienti di vita, di lavoro e di ricreazione, svolgano un ruolo attivo nella loro rigenerazione, valorizzando le qualità peculiari dei luoghi, contribuendo con le proprie competenze alla redazione dei progetti e poi prendendosi cura degli spazi riqualificati (…)”


Il tema della rigenerazione urbana e le sue opportunità sono ben sintetizzati dal succitato documento che recita:


Il concetto di rigenerazione è legato a strategie messe a punto dai governi locali per affrontare le situazioni di crisi della città contemporanea mediante interventi non solo di riqualificazione fisica (urbanistica ed edilizia) ma anche di rinascita culturale, sviluppo economico e inclusione sociale. In Puglia il governo regionale si è fatto promotore di iniziative volte a sollecitare gli enti locali a definire queste strategie, ritenendole presupposti essenziali per ripensare lo sviluppo in chiave sostenibile e durevole. La carica innovativa di questo approccio risiede, sul versante dell’urbanistica, nella volontà di creare una netta discontinuità rispetto a decenni di esclusivo interesse per l’espansione delle città, di progetti elaborati nel chiuso degli studi professionali e calati dall’alto in contesti noti solo superficialmente, di una pianificazione quantitativa e astratta, incapace di dare risposta a concreti bisogni e domande sociali; sul versante delle politiche di sviluppo, l’elemento più innovativo consiste nella centralità attribuita al territorio, inteso nel suo intreccio di risorse materiali e immateriali, che comprende anche la sfera sociale e culturale e le capacità dei soggetti di attivarsi e autorganizzarsi per la sua messa in valore.

Gli strumenti approvati dalla Regione per promuovere quest’idea di rigenerazione e per affermarne l’approccio e i contenuti a livello locale sono tanti e fra loro complementari: normativi, d’indirizzo, finanziari (…)”.

E ancora:

“(…) Obiettivo della Regione è trasformare la riqualificazione urbana da evento straordinario ad attività ordinaria, da azione occasionale a pratica diffusa a livello locale, da intervento episodico a visione strategica per la rigenerazione di parti di città e sistemi urbani (…)

Altri requisiti necessari, oltre alla partecipazione dei cittadini devono essere:

“(…)  l’integrazione degli interventi non solo fra operatori pubblici e privati, fra destinazioni residenziali, terziarie e di servizio, fra classi sociali, per favorire la mescolanza di funzioni e popolazioni urbane, ma anche fra dimensione fisica, sociale ed economica, per rompere il circolo vizioso fra degrado fisico e disagio sociale;

il risanamento ambientale mediante l’adozione di criteri di sostenibilità ambientale e risparmio energetico nella esecuzione delle opere edilizie, la previsione di infrastrutture ecologiche, il recupero di aree permeabili (…)

Come dice ancora la professoressa Barbanente (da “Speciale Urbanpromo”, allegato a “Giornale dell’Architettura”, inverno 2013): “(…) Le ragioni della rigenerazione sono diverse: dalla necessità di riqualificare parti di città che versano in condizioni di degrado e abbandono, al dovere di restituire un ambiente di vita dignitoso a famiglie che abitano in periferie recenti prive di infrastrutture e servizi, alla necessità di arrestare un dissennato consumo di suolo che, oltre che sottrarre una risorsa collettiva irriproducibile e produrre elevatissimi costi sociali ed economici per la collettività, non è stata in grado di dare adeguata risposta al disagio abitativo (…)”.

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A tali parole si collegano perfettamente quelle del Prof. Alberto Magnaghi, l’esimio urbanista, responsabile scientifico del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale, il primo tentativo in Italia di dare una risposta complessiva e organica ai temi della tutela del patrimonio territoriale e del suo sviluppo sostenibile:

In Puglia ho trovato un grande consumo di suolo e anche una enorme occupazione edilizia, con molto abusivismo sulle coste, e con periferie caratterizzate da bassa qualità costruttiva e disordine urbanistico. A questa visione si oppone, tuttavia, un patrimonio paesaggistico straordinario che rischia di essere trattato molto male, in nome di un’idea di sviluppo distorta che può magari dare benefici economici nell’immediato, ma annientare completamente le ricchezze del territorio.Si prenda il caso delle coste: finora le linee di intervento, sia abusive che legali, sono state quelle dell’occupazione attraverso infrastrutture – case, alberghi e villaggi – inseguendo una linea di tendenza che potrebbe trasformare dune, spiagge e scogliere in una sola colata di cemento. Il Piano, invece, tende a dare valore paesaggistico, ambientale e culturale alle città storiche sul mare e agli aspetti naturalistici, pure di un’ampia fascia dell’entroterra. Se vogliamo dire quali sono gli elementi caratterizzanti del Piano paesaggistico c’è da sottolineare che attraverso l’adozione di questo strumento la Puglia è la prima regione a licenziarlo in accordo con le regole del ministero per i Beni culturali e, per la prima volta, riguarda l’intero territorio regionale e questo prefigura pure un intervento attivo di valorizzazione e riqualificazione di paesaggi degradati, dalle periferie urbane alle zone industriali” (dall’intervista rilasciata a “La Repubblica Bari”, 20 settembre 2013).


 

  • Due grandi assenti quando si discute di interventi urbani: il consumo di suolo e il dissesto idrogeologico

Nelle loro dichiarazioni precedentemente riportate, sia Barbanente che Magnaghi, molto opportunamente, pongono l’accento sul grande, dissennato consumo di suolo, a cui è indispensabile porre un argine.

Questo non è un problema denunciato solo da alcuni gruppi ambientalisti “fondamentalisti”, ma un allarme che proviene ormai da molteplici e autorevoli voci. E’ un argomento che colpevolmente viene del tutto tralasciato quando si discute di interventi di trasformazione delle nostre città, sebbene la cronaca ce lo ricordi con cadenza settimanale, se non quotidiana.

Il livello di impermeabilizzazione del suolo, derivante da uno smodato consumo che non accenna a rallentare malgrado la crisi del settore edile, fa sì che bastino poche ore di pioggia per creare danni ingentissimi. Ultimo disastro, proprio delle scorse ore, a Senigallia, in una zona costiera che presenta caratteristiche molto simili a quelle del nostro territorio urbano e costiero.

I dati forniti dall’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale del Ministero dell’Ambiente sono a dir poco impressionanti così come lo sono i numeri e le immagini di #dissestoitalia, la prima grande inchiesta multimediale sul dissesto idrogeologico (chi lo desidera lo trova nell’approfondimento di seguito).

Ormai non si contano più le voci autorevoli che ci ripetono come sia necessario intervenire subito, tanto con la messa in sicurezza quanto con la prevenzione: il che significa non aumentare, bensì ridurre l’impermeabilizzazione dei suoli, cioè il cemento, legale o abusivo.

Tra gli altri vale la pena di ricordare Franco Gabrielli, capo della Protezione Civile.

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Secondo quanto riferisce l’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, sono stati ricoperti, negli ultimi 3 anni, altri 720 km2, 0,3 punti percentuali in più rispetto al 2009, un’area pari alla somma dei comuni di Milano, Firenze, Bologna, Napoli e Palermo. In termini assoluti, si è passati da poco più di 21.000 km2 del 2009 ai quasi 22.000 km2 del 2012, mentre in percentuale è ormai perso irreversibilmente il 7,3% del nostro territorio, procedendo ad una velocità di consumo di 8 metri quadri al secondo. La trasformazione del suolo agricolo in cemento non produce impatti solo sui cambiamenti climatici, ma anche sull’acqua e sulla capacità di produzione agricola. In questi 3 anni, tenendo presente che un suolo pienamente funzionante immagazzina acqua fino a 3.750 tonnellate per ettaro – circa 400 mm di precipitazioni – per via della conseguente impermeabilizzazione abbiamo perso una capacità di ritenzione pari a 270 milioni di tonnellate d’acqua che, non potendo infiltrarsi nel terreno, deve essere gestita. In base ad uno studio del Central Europe Programme, secondo il quale un ettaro di suolo consumato comporta una spesa di 6.500 euro (solo per la parte relativa al mantenimento e la pulizia di canali e fognature), il costo della gestione dell’acqua non infiltrata in Italia dal 2009 al 2012, è stato stimato intorno ai 500 milioni di Euro. Ancora, il consumo di suolo produce forti impatti anche sull’agricoltura e quindi sull’alimentazione.

Franco Gabrielli, capo della Protezione Civile, ha tentato di scuotere opinione pubblica, politici e amministratori con il suorichiamo, che ci pare ancora inascoltato (intervista rilasciata a Matteo Guidelli, Ansa, 10 febbraio 2014):
Se il paese scegliesse di non fare nuove cose, ma di mettere in sicurezza quelle che ci sono, salvaguarderebbe quel patrimonio unico al mondo che sono il nostro territorio, le nostre comunità, i nostri abitanti e che, invece, in questa condizione di generale abbandono è messo in pericolo” e aggiunge: “Credo sia molto difficile riuscire in un paese diviso come il nostro, dove ognuno guarda al proprio particolare, ma dobbiamo provarci. Anche perché – risponde – abbiamo un grosso problema: abbiamo fatto in passato un uso smisurato del suolo e ora ne paghiamo le conseguenze. Si è costruito laddove non si doveva costruire e lo Stato, in molte occasioni, per far cassa ha condonato…Il problema dei problemi è proprio questo: noi parliamo e ci parliamo addosso. Queste cose le ho dette decine di volte e dunque o sono ripetitivo fino alla noia, oppure alle cose non si è dato seguito”.

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E l’allarme di Gabrielli non è certo eccessivo se stiamo semplicemente ai numeri:

anche secondo i dati raccolti in #dissestoitalia, la prima grande inchiesta multimediale sul dissesto idrogeologico, frane e alluvioni in Italia continuano ad aumentare: da poco più di 100 eventi l’anno tra il 2002 e il 2006 siamo gradualmente arrivati ai 351 del 2013 e ai 110 solo nei primi venti giorni del 2014 (data dell’ultima rilevazione). Negli ultimi 12 anni hanno perso la vita 328 persone. Nel gennaio 2014 in soli 23 giorni si sono registrati 110 episodi in tutto il territorio italiano. In poco più di 100 anni ce ne sono stati 12.600.

Secondo la Coldiretti, dal 1960 ad oggi, a causa delle frane e delle alluvioni, in Italia sono morte oltre 4mila persone. Fra il 1960 e il 2012, tutte le venti regioni italiane hanno subito eventi fatali. Si tratta di 541 inondazioni in 451 località di 388 comuni, che hanno causato 1.760 vittime (762 morti, 67 dispersi, 931 feriti), e 812 frane in 747 località di 536 Comuni con 5.368 vittime (3.413 morti compresi i 1.917 dell’evento del Vajont del 1963, 14 dispersi, 1.941 feriti).

Con i cambiamenti climatici, sottolinea sempre la Coldiretti, è sempre più urgente investire nella prevenzione. Eppure negli ultimi venti anni per ogni miliardo stanziato in prevenzione, spiega l’associazione, ne sono stati spesi oltre 2,5 per riparare i danni. Il ministero dell’Ambiente ha quantificato in circa 8,4 miliardi di euro i finanziamenti statali a politiche di prevenzione, mentre nello stesso periodo si sono spesi 22 miliardi di euro per riparare i danni causati da frane ed alluvioni.

Monopoli – Area ex Cementeria – I Parte

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Il presente documento è stato redatto il 9 Maggio scorso in occasione del dibattito sul tema cementeria, dal Coordinamento di Associazioni e Movimenti Cittadini monopolitani, formatosi spontaneamente per la partecipazione attiva alla trasformazione dell’area ex Cementeria, ritenuta da tutti area strategica per il futuro sviluppo della città.Copertina3

– INTRODUZIONE –

Chiarezza, Trasparenza e Partecipazione: dal nodo cementeria al governo delle trasformazioni di una città

In queste pagine proviamo a riassumere in modo comprensibile per tutti la complessa realtà della trasformazione dell’area ex-cementeria, e soprattutto le questioni urgenti che essa pone a tutti i cittadini di Monopoli e a quanti, pur non risiedendovi, hanno a cuore questa città.

Mettiamo questo documento a disposizione di tutti le cittadine e i cittadini, di tutte le associazioni, i gruppi, i comitati, i movimenti e le forze politiche.

Monopoli va incontro a una serie di importanti mutamenti, nel suo aspetto esteriore e nella sua natura, nella sua struttura sociale ed economica: affinché un’intera cittadinanza possa decidere della trasformazione del suo habitat, è indispensabile che tutti siano informati ampiamente e in modo corretto.

Ecco perché, volendo fare scelte di qualità, è sempre indispensabile esigere da tutti i protagonisti delle vicende cittadine la massima chiarezza e l’assoluta trasparenza, così che ognuno sia messo nelle migliori condizioni per partecipare ed esprimersi.

Invitiamo quindi i lettori meno abituati a concetti e parole come “piani”, schemi, indici, a non lasciarsi spaventare e fuorviare da questioni che possono apparire “tecniche”:

è sempre bene non perdere di vista il fatto che dentro e dietro tutto questo ci sono decisioni da cui dipendono l’aspetto della città, il suo sviluppo economico e culturale, il suo ruolo nel contesto territoriale regionale e la sua collocazione internazionale, la sua reale vocazione turistica, la sua vita sociale, la salute psicofisica dei suoi abitanti.

In poche, sintetiche parole, si tratta di decisioni che riguardano direttamente e concretamente, la qualità della vita di tutti. E’ per questo che la partecipazione dei cittadini deve essere attuata in modo autentico e corretto: i processi partecipativi, quando seriamente attuati, sono gli unici strumenti in grado di permettere a tutti di sentirsi davvero protagonisti attivi e non passive comparse.Sono gli unici strumenti che possono riavvicinare i cittadini alla “res publica”, la cosa pubblica, cioè alla politica intesa nel suo significato più alto.

Ci piace ricordare come la politica sia nata all’interno della città proprio come discorso sulla “cosa pubblica”, e come la città appartenga a tutti i cittadini, i quali, proprio grazie alla partecipazione, tornano a prendersi cura del patrimonio che hanno ereditato.

Intendiamo il patrimonio nel senso ben spiegato da Tomaso Montanari (“Istruzioni per l’uso”, Minimum Fax 2014):

“Il patrimonio non è un’entità amministrativa, né una categoria economica; è, letteralmente, il retaggio dei padri, l’eredità delle generazioni che ci hanno preceduti. E’ ciò che ci definisce come famiglia, come comunità”. Lo stesso Montanari dice poco dopo: “(…) «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione:» l’articolo 9 della Costituzione si lega all’articolo 1 («La sovranità appartiene al popolo»), perché, conquistando la sovranità, il popolo acquista anche un patrimonio, quello che un tempo era nella disponibilità del re. Così, parlando di patrimonio parliamo di cittadinanza, di sovranità popolare, di uno Stato inteso come comunità (…)”.

Anche il nome della nostra città è un patrimonio ereditato dall’illustre cultura dalla quale probabilmente discendiamo: quel nome è lì a ricordarci che Monopoli ha inscritta nel suo stesso nome la “polis”, il concetto di sfera pubblica e interesse collettivo.

In questo percorso il ruolo dei mezzi di informazione è fondamentale. Li ringraziamo tutti per il lavoro svolto finora e per quello che faranno ancora.


 

  • La partecipazione:  che cos’è e che ruolo ha

Assistiamo a una forte, crescente domanda di partecipazione, proprio nel senso del prendersi cura del nostro patrimonio, cioè del nostro territorio; un bene fondamentale, sul quale possiamo esercitare la sovranità popolare, come è espresso nell’articolo 1 della nostra Costituzione.

La partecipazione non è quindi una “moda” effimera, ma è alla base dello stesso principio di sovranità popolare espresso nello stesso art.1. Ecco quindi che i cittadini incalzano le amministrazioni su questioni decisive come la trasformazione del territorio.

Lo fanno ricordando con forza, a tutti gli attori in campo, che esistono valori superiori, come si suol dire “sovraordinati”, rispetto ad interessi particolari anche quando rilevanti.

La prepotente crescita di partecipazione che si è sviluppata negli ultimi anni ovunque, in Italia e nel mondo, sta stimolando la democrazia delegata e rappresentativa ad aprirsi e a rinnovarsi profondamente nelle sue ragioni e nelle sue pratiche. Questo è il fenomeno nuovo con il quale inevitabilmente la politica tradizionale dovrà confrontarsi in misura  crescente: la partecipazione dei cittadini alla vita della polis non deve esaurirsi al momento del voto.

Se ai partiti è giusto riconoscere un ruolo storico nella nostra società, è pur vero che in questo momento si verifica che la militanza negli stessi non sempre riesce a fornire una risposta adeguata e credibile al bisogno di partecipazione: in molti tendono a percepire le organizzazioni partitiche come “macchine del consenso” che mirano a gestire il potere per favorire la carriera di leader e aspiranti tali.

Accade che le persone, i cittadini, scoprano di volere e di poter rappresentare non più degli interessi individuali e “di parte”, ma interessi generali, comuni, collettivi: interessi quindi costituzionali, quelli sanciti dalla Costituzione italiana.


 

  • Il valore esemplare della partecipazione nel caso dell’area ex-cementeria

La vicenda dell’area ex-cementeria di Monopoli è un perfetto esempio di questa dinamica: a patto che si compia un reale sforzo di chiarezza e trasparenza, essa permette di comprendere quali sono le diverse visioni della città che in questo momento si confrontano.

La storia di Monopoli ci racconta di occasioni mancate, ma non abbiamo più intenzione e voglia di guardare indietro, bensì di individuare la via maestra per risolvere questioni ancora aperte.

Il tema della trasformazione di quest’area è importante per se stesso e in una prospettiva più ampia, che ci interroga su ciò che tutti noi vogliamo fare della nostra città.

A noi interessa porre questioni e proporre possibili soluzioni che riguardano e riguarderanno anche altre aree della città.

Vi è l’esigenza del portatore di interesse “particolare”, che muove dall’interesse economico soggettivo: interesse che nessuno disconosce ma che – come è sancito dagli articoli 41e 42 della nostra Costituzione – non può essere prevalente e soverchiante i diritti di un’intera collettività.

Non di meno, abbiamo l’esigenza della comunità dei cittadini, che è la vera proprietaria del territorio inteso nella sua globalità, come abbiamo ricordato sopra alla luce di quanto definisce la stessa Carta costituzionale.

Tra le due differenti prospettive l’Amministrazione è chiamata a gestire gli eventuali conflitti, dovendo comunque assumere come ruolo quello di tutela del diritto collettivo, evitando che questo sia limitato o addirittura negato da un pur rilevante interesse di natura privata.

Il tema della trasformazione di quest’area è importante per se stesso e in una prospettiva più ampia, che riguarda ciò che tutti noi vogliamo fare della nostra città.

Non siamo qui per partecipare all’ennesima puntata di un “match” tra attuali, precedenti o futuri amministratori, che rivendicano meriti e si rinfacciano demeriti, continuando a discutere sugli eventuali pregi e difetti del Piano Urbanistico Generale di Monopoli, il cosiddetto PUG.

A noi interessa porre questioni e proporre possibili soluzioni che riguardano e riguarderanno anche altre aree della città.


 

  • Gli strumenti della trasformazione di una città: alcune osservazioni relative al PUG

Uno strumento fondamentale, ma come vedremo non l’unico, a disposizione di una città per regolare e governare le sue trasformazioni è il suo Piano Urbanistico Generale, sinteticamente definito PUG.

In relazione al PUG di Monopoli ci interessa fare alcune osservazioni che derivano dalla semplice osservazione dei suoi effetti e delle sue contraddizioni. Nel fare questo sottolineiamo la nostra autonomia da appartenenze a schieramenti partitici.

Il PUG non è evidentemente riuscito a prevedere, e quindi risolvere in modo adeguato, il problema dell’area di cui parliamo. Questo ha generato rilevanti aspettative da parte della proprietà del tempo, la Italcementi, poi trasferite di recente alla “Solemare”.

C’è un limite strutturale nella concezione del PUG di Monopoli come in quello di altre città che si sono dotate in anni recenti di simili strumenti urbanistici: esso risiede nell’idea della cosiddetta “perequazione” o “compensazione”.

La perequazione e la compensazione pongono come fondamento di tutti gli interventi nel/sul territorio concetti come i cosiddetti “diritti edificatori” e i “crediti edilizi”, definiti da molti autorevoli tecnici e giuristi autentici “mostri giuridici”.

Ci rendiamo conto che alcuni anni fa, in particolare nel momento in cui gli enti locali sono stati messi in crescente difficoltà da tagli sempre più consistenti, i meccanismi della perequazione sono apparsi un utile strumento per promuovere trasformazioni urbane, ottenendo dai privati opere pubbliche in cambio di “premialità”, cioè di incentivi a costruire. Ma, come ormai tutti gli osservatori e gli addetti ai lavori più avveduti convengono, questa pratica, soprattutto quando non ben governata, ha sortito un po’ ovunque effetti collaterali indesiderabili, negativi e paradossali, generando nuovi problemi e non dando certo luogo a città più belle, razionali e vivibili.

Il giurista Stefano Lanza ha scritto “L’irresponsabile strada dei diritti edificatori e delle compensazioni urbanistiche”, e aggiunge “(…)i “diritti edificatori sono una balla, le “compensazioni urbanistiche” un regalo alla proprietà fondiaria (…)”. All’aberrazione dei “diritti edificatori”, introdotti dal piano urbanistico di Roma (giunta Veltroni), hanno dedicato interventi illuminanti e una importante opera di contrasto eminenti urbanisti come, tra gli altri, Edoardo Salzano, Vezio De Lucia, Paolo Berdini, Italo Insolera.

D’altro canto anche in casa nostra, in Puglia, come ci ricorda Nicola Signorile, autorevole  saggista e curatore della rubrica “Piazza Grande” su La Gazzetta del Mezzogiorno, “(…) il credito edilizio – introdotto furbescamente agli sgoccioli della giunta Fitto con l’articolo 7 della Legge regionale n.24 del 2004 – è stato abrogato con la successiva Legge regionale n.22 del 2006 (…)”.

I fondamentali studi dell’eminente giurista Paolo Maddalena, già presidente della Corte Costituzionale, dimostrano che l’idea di “ius aedificandi” «(…)contenuto nel diritto di proprietà privata è una pura favola»(vedi “Il territorio bene comune degli Italiani”, Donzelli 2014), spiegando come esso sia il risultato di una interpretazione discutibile e recente del diritto romano, peraltro smentita da ancor più recenti, importanti sentenze come quelle del Consiglio di Stato sez. IV, 29 dicembre 2009, nr. 9006, n. 119,  gennaio 2012, n.6656 del 21 dicembre 2012 e quelle delle Sezioni unite della Corte di Cassazione (nn. 3811 e 3813 del 16 febbraio 2011, 3665 del 14 febbraio 2011).

Come bene dice l’architetto Luisa De Biasio Calimani, nelle sue “Riflessioni sullo spazio pubblico”, “(…) da quando la politica considera la città poco più che un affare utile a risolvere i problemi di bilancio, il privato ha potuto assumere il posto di comando (…)”. Ci vorrebbero molte pagine per raccontare il disastro urbanistico e finanziario di Roma e di altre città “sedotte” dal meccanismo perverso della perequazione e non potremo certo farlo qui, rinviando ad altre future occasioni di dibattito.

A nostro avviso resta il fatto che il PUG di Monopoli è uno strumento che ha evidenti lacune e difetti: persino sulla corretta interpretazione delle sue norme relative all’area portuale (il cosiddetto ambito P1) c’è un dibattito molto forte, in corso ormai da alcune settimane. Riteniamo sia arrivato il momento per fare finalmente chiarezza anche su questo punto.

Malgrado i suoi vizi originari, il PUG ha alcuni pregi, insufficienti però ad affrontare e risolvere i nodi che oggi ci troviamo a dover sciogliere.

Anche il pioneristico tentativo di attuare una pratica partecipativa per Monopoli, con il “Partecipa PUG” non ha sortito gli effetti auspicati: erano altri tempi, evidentemente non ancora maturi.

Il clima in città è cambiato e ora finalmente le istanze partecipative bussano con forza.  La partecipazione rispetto alla trasformazione urbana non può quindi fermarsi a quell’esperienza ormai lontana.


 

  • Quali altri strumenti abbiamo a disposizione

Citiamo alcune parole della professoressa Angela Barbanente, docente di Tecnica Urbanistica e Pianificazione Territoriale presso il Politecnico di Bari, II Facoltà di Ingegneria di Taranto, Vice presidente della Regione Puglia, nonché assessore alla Qualità del Territorio: “(…) in Puglia non abbiamo un deficit di strumenti, anzi penso che ne abbiamo messo a disposizione tanti a favore dei territori delle comunità o degli enti locali. Forse abbiamo un deficit di visione, un deficit di capacità politica, di lavorare sulla base di sguardi ampi alla riqualificazione delle città e dei territori davvero come una opportunità di sviluppo. Abbiamo ancora una politica che lavora in termini di “cogliere l’occasione”, di attendere l’iniziativa privata, ed è incapace di svolgere il ruolo proprio del governo che è quello di guidare, di orientare, di costruire delle visioni che guardino, con lo sguardo largo di questo mondo globalizzato e puntandolo su quelle cose in cui possiamo competere, ovvero sulle peculiarità storiche e qualitative delle nostre città e dei nostri territori. Soltanto in questo modo possiamo utilizzare appieno gli strumenti che già abbiamo, e quando parliamo di strumenti stiamo attenti a non parlare di strumenti urbanistici in automatico ma dobbiamo fare riferimento anche agli strumenti finanziari o agli strumenti organizzativi, ad esempio, per promuovere la cultura della città e del territorio. Per cominciare a crescere ciò deve partire dai singoli professionisti ed arrivare ai singoli cittadini. Se non parte questa cultura sovraccarichiamo gli strumenti urbanistici di troppa responsabilità rispetto a quella che realmente hanno (…)”.

E dunque la professoressa Barbanente delinea con molta precisione il tema che si pone all’ordine del giorno: la ricerca di un senso più condiviso della città intesa come spazio pubblico e bene comune di chi la abita e la vive.

In altri termini ci dice che:

1) la politica deve avere una visione di ampio respiro culturale, sempre nel senso di tutela dello spazio pubblico, per sottrarsi a una logica fatalmente subalterna all’iniziativa privata; 

2) esistono vari strumenti messi a disposizione dall’Amministrazione regionale, ma che questi strumenti non sono automaticamente risolutivi.

Per far sì che questi ultimi abbiano efficacia e concreti risultati vanno sapientemente utilizzate le Leggi regionali:  n.21 del 29 luglio 2008 “Norme per la Rigenerazione urbana”,  n.14 del 10 giugno 2008 ““Misure a sostegno della qualità delle opere di architettura e di trasformazione del territorio”, n.44 del 17 dicembre 2013, “Disposizioni per il recupero, la tutela e la valorizzazione dei borghi più belli d’Italia in Puglia”e, naturalmente, il Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (Decreto della Giunta Regionale del 2 agosto 2013).

A questo punto lo stesso PUG di Monopoli andrebbe inquadrato, riletto e più correttamente interpretato nella direzione tracciata dalla leggi appena elencate.


continua…

Progetto “Imarfa” – Inno al consumo di suolo e destini del bene comune nella Terra d’Egnazia

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Passano i giorni, passano i mesi, passano gli anni. E mentre il tempo passa e con esso le obbligazioni amministrative sancite dalla UE, dal governo e dalle regioni (in questo caso la Regione Puglia), l’amministrazione comunale di Fasano, nonostante le rassicurazioni del sindaco e della giunta, va spedito verso l’inadempienza e il conseguente commissariamento. Perché?

Del Piano Comunale della Costa non se ne sa nulla, tutto tace, e tutti. O quasi. A quanto ci consta l’amministrazione comunale di Fasano allo stato attuale delle cose, non s’è minimamente preoccupata di indire un tavolo di concertazione con la cittadinanza (enti, associazioni, ecc.), per condividere il quanto mai indispensabile e necessario Piano Comunale della Costa. Perché?

Ci sono una serie di concomitanze legislative, convenzioni, programmi, leggi, a partire dalla convenzione di Arhus, per passare alla Legge Regionale n. 44 del 14 dicembre 2012 che regolamenta la VAS (valutazione Ambientale Strategica). Il tutto ruta intorno alla Delibera di Giunta Regionale n. 2273 del 13.10.2011 relativa all’approvazione del Piano Regionale delle Coste, è stata ripubblicata nella versione corretta sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 174 del 9/11/2011; dal giorno successivo a tale data, sono decorsi i termini previsti per la presentazione dei Piani Comunali delle Coste (quattro mesi). Il tavolo di concertazione, come è stato fatto nella vicina città di Monopoli, non è solo un diritto, è soprattutto un obbligo delle amministrazioni comunali. A Fasano nulla di tutto questo. E proprio per questo ci corre l’obbligo di porre ulteriori legittime domande.

Quali sono le attività pianificatorie di trasformazione del nostro territorio? Dove sono rese pubbliche? Come mai in questi mesi sui media locali non abbiamo letto un articolo di giornale che parli dei programmi di sviluppo territoriale del comune di Fasano? Dai siti istituzionali della Regione sappiamo che l’attuale amministrazione ha  in corso diversi progetti ma non se ne parla. Vorremmo capire in fine se si sta procedendo o meno per dotarsi di un Piano Comunale della Costa e se siano stati incaricati dei progettisti.

Nessuno che accenni minimamente a quanto ci apprestiamo a sorbire ancora una volta inconsapevolmente. Vogliamo dire grazie a chi ha salvato Fasano dal contrabbando creando nuovi posti di lavoro. Ma dovrete scusarci se siamo sbadati e un pò smemorati, o forse avremo anche letto da qualche parte, o qualche amico ce ne avrà parlato e lo abbiamo dimenticato, chiediamo a chiunque possa farlo, che ci illumini: com’è finita la storia dell’ (ve lo citiamo così com’è riportato nella Relazione Tecnica, per la verifica di assoggettabilità a VAS – Valutazione Ambientale Strategica),

“ACCORDO DI PROGRAMMA FINALIZZATO AL MIGLIORAMENTO DELLE CONDIZIONI AMBIENTALI, PAESAGGISTICHE E DI FRUIBILITA’ PUBBLICA DELLA COSTA MEDIANTE LA DELOCALIZZAZIONE DELLE VOLUMETRIE DEL COMPLESSO INDUSTRIALE MARMIFERO IMARFA SULLA STRADA PROVINCIALE SAVELLETRI-TORRE CANNE”?

Per la cronaca, in sostanza il progetto prevede (e ci scusiamo per chi legge se qui non si parla di immondizia, di commissariamenti e delle telenovele di sindaci, assessori e consiglieri):

1) Miglioramento delle condizioni ambientali mediante delocalizzazione delle volumetrie….

Ci stanno dicendo: vi togliamo un “ecomostro” (così il relatore, tecnico incaricato chiama l’ex stabilimento Imarfa, col chiaro obbiettivo di entrare nelle grazie degli ambientalisti o dei valutatori) in cambio di volumi da trasformare in residenze e di trasferirle dove più gli aggrada. Non gli bastano i volumi già realizzati… l’appetito vien mangiando.. e poi se è così facile procurarsi da mangiare, mangiamoci tutto.

2) Restituzione di un’area di servizio alla balneazione al comune con la demolizione dell’ “ecomostro”attraverso:

“il recupero e la messa a disposizione dell’area attualmente occupata dal complesso marmifero con la realizzazione di manufatti di facile rimozione (chiosco bar, servizi igienici,ecc.) e sistemazioni esterne (aree a verde, solarium, parcheggi, parco giochi per bambini, area sportiva,ecc.) al fine di creare una struttura pubblica di servizi per la balneazione.”

Non vi sembra che ciò sia più congeniale agli interessi delle strutture ricettive dei “proponenti” il progetto in questione? L’area dell’ex marmeria sorge proprio sul lato mare della….ex Masseria S. Domenico.

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L’area della Ex Marmeria nell’idea di progetto – Fonte: Sito Web Comune di Fasano

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Gli insediamenti e le aree d’intervento di S. Domenico a ridosso della ex Marmeria – Fonte:Sito Web Comune di Fasano

L’esempio emblematico più immediato sono le aree a ridosso delle scogliere sistemate a prato delle “Case Bianche”. Queste, lasciate per qualche tempo ad uso di tutti, oggi recintate con tanto di cartelli di proprietà privata, piantumate a canneto, che impediscono oltretutto il “cono visuale” per una libera fruibilità del panorama costiero, sono diventate di uso esclusivo dei clienti del Campo da Golf.

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Savelletri Località “Case Bianche” 2009

I nuovi insediamenti a ridosso di S. Domenico sorgeranno proprio sul tracciato della Via Traiana, su quei terreni dove, ancor oggi, si rinvengono, mescolati alla terra, resti del passaggio dei viandanti di epoca romana e medievale.

In “cambio” l’amministrazione sta dando la possibilità di realizzare un “ecomostro” ancor più grande. Pochi se ne rendono conto, quel “ecomostro” sarà travestito da insediamento sparso… il più sparso possibile, privato, recintato, così da occupare sempre più suolo agricolo, così da privarci dell’unica “arma” di autosostenibilità di lunga durata che ci rimane, la terra.

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I nuovi insediamenti e le aree d’intervento a ridosso di Borgo Egnazia – Fonte:Sito Web Comune di Fasano

Tante nuove unità abitative tra Borgo Egnazia e S. Domenico….evvai… vorremmo forse trasformare quest’ambito in un laboratorio sullo Sprawl, dove far esercitare i massimi studiosi della “città diffusa”?

Lame e insediamento

Le aree degli interventi – Fonte Sito Web del Comune di Fasano

3)Tutto ciò si sta attuando attraverso una Variante al PRG, e sulla procedura, visto che non troviamo evidenze e non siamo stati invitati ad esprimere un parere da semplici cittadini sensibili ai temi relativi alla trasformazione del proprio territorio, chiediamo delle risposte all’assessore ed al dirigente all’urbanistica:

  • 1) Dalla Relazione Tecnica si evince che è stata implementata la procedura di VAS (Valutazione Ambientale Strategica) ma non ci risulta l’invito a chi ne potesse essere interessato,( la cittadinanza attiva fasanese o le associazioni regolarmente iscritte nelle liste di questo comunead esempio) per permettere un “Tavolo Partecipato” così come previsto dalla Convenzione di Aarhus, cui l’Italia ha dato ratifica ed esecuzione con la legge 16 marzo 2001 n. 108, relativa all’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale. Come mai la cittadinanza non è stata informata, almeno attraverso i media, dell’inizio di tali attività e della procedura di VAS?

Sulla Valutazione Ambientale Strategica di piani e programmi che possono avere un impatto significativo sull’ambiente vi è la 

LEGGE REGIONALE 14 dicembre 2012, n. 44

L’accesso alle informazioni, le attività di comunicazione e consultazione e la partecipazione pubblica sono considerati elementi essenziali dell’azione amministrativa in materia ambientale. (art.19 comma 1)

In tale prospettiva si individua la VAS come processo idoneo a perseguire soluzioni condivise di pianificazione e programmazione, nella prospettiva dello sviluppo sostenibile.

  • 2. Non siamo a conoscenza di quali e quanti contributi ci siano stati da parte dei Soggetti Competenti in Materia Ambientale (SCMA) coinvolti dall’amministrazione fasanese, per la procedura VAS, visto che i termini fissati per l’invio degli stessi scadevano il 09/03/2014.
  • 3. Non siamo a conoscenza se l’amministrazione si sia attivata con la stesura di una bozza, o altro, del Piano Comunale delle Coste.

NUVOLE E FANGO – Storie e controstorie della Terra d’Egnazia

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“Sapere dove andare e sapere come andarci sono due processi mentali diversi, che molto raramente si combinano nella stessa persona. I pensatori della politica si dividono generalmente in due categorie: gli utopisti con la testa fra le nuvole, e i realisti con i piedi nel fango”  [George Orwell]

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Savelletri, alba – Foto Chicco Saponaro

di Giambattista Giannoccaro

Ricordo una sera d’estate degli anni 70. Eravamo un gruppetto di piccoli pescatori impegnati a procurarci l’esca per la battuta di pesca della mattina successiva. Noi bambini sapevamo che lungo la banchina del porto si catturavano un sacco di gamberetti, ne erano ghiottissime bavose e ghiozzi. Beh, quella sera vi era una calma inquietante. Il porto di Torre Canne era completamente buio, ed il cielo non aveva ancora messo in mostra la grande luna piena che aspettavamo all’orizzonte, grande e rossa. Eravamo intenti con i retini a fare la nostra scorta di gamberetti della serata e sul più bello, dal nulla, comparve un signore alto e grasso che con fare minaccioso ci consigliò, in “chiaro” dialetto fasanese, di allontanarci immediatamente da quella posizione:

Wagliò… scitavinn da do!!! (Ragazzi… andate via di qua!)

E noi, ingenui e spavaldi rispondemmo con quel dissenso ingenuo di bambini, perché quel posto era il nostro micromondo, e guai a chi ce lo toccava: Ma perché? Noi veniamo sempre qui. E tu chi sei per imporci di andarcene???!!!

E lui urlando: Nan avet capejt allaur? Mu ve n’aveit a scì da do!!! (Non avete capito allora? Adesso dovete andar via di qua!) Perché?!….. non c’è perché!!!

E noi, come dei volpini, prima ringhianti e poi …spaventati, con la coda fra le gambe, raccogliemmo in fretta e furia secchiello e retino per sparire in un attimo. Non ci allontanammo di molto. Ci nascondemmo dietro un cespuglio del recinto di un orto costiero sopravvissuto ancora alla cementificazione, perché qualcosa non ci quadrava e volevamo capire perché quel signore era così arrabbiato ed infastidito dalla nostra presenza. In un batter d’occhio la banchina si popolò di furgoni e uomini. Subito dopo nel buio della notte comparve un motoscafo che, dal mare, a luci spente, si avvicinava alla banchina. Uno dei miei compagni di pesca e di avventure, non credeva ai suoi occhi nel vedere che fra quegli uomini sulla banchina c’era anche suo fratello maggiore. Lui era il più piccolo di nove figli di un pescatore della zona. Avevano un piccolo gozzo (vuzz), con il quale il padre si procurava da mangiare per i propri figli. Pescava quel che poteva, ricci, quando il mare non riusciva a dargli altro. Li vendeva sulla spiaggia già aperti e pronti per essere consumati.

Neanche il tempo di attraccare, cominciò un passamano velocissimo di grossi scatoloni verso i furgoni. Nel giro di 5 minuti il motoscafo sparì nuovamente nel nulla assieme ai furgoni, gli uomini e tutti gli scatoloni. Erano i tempi in cui tra Savelletri e Torre Canne si assisteva ad inseguimenti tra elicotteri della guardia di finanza e scafisti del contrabbando: sbarchi di sigarette a tutte le ore della giornata. A quei tempi si andava al mare con le famiglie, sei bambini ed una mamma in una FIAT 500; due ricci appena pescati, aperti e mangiati col culo nell’acqua; un polpo sbattuto, arricciato e diviso un cirro (tentacolo) a testa per essere immediatamente consumato. Con le biciclette, negli anni a seguire, scorrazzavamo liberi tra lame e masserie, ahimè ognuno con la propria fionda ricavata da rami d’ulivo, appesa al collo. Questa era munita di elastici ricavati dalle camere d’aria riciclate e caricatore in pelle, ricavato dalla linguetta di un vecchio (ma molto vecchio) paio di scarpe. Ci rifugiavamo sempre in un grande carrubo millenario, nella Lama d’Antico.

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Carrubo – Foto Chicco Saponaro

Poi arrivò (ma molto poi), l’”Operazione Primavera”. Il contrabbando “domestico” era stato nel frattempo fagocitato dalla Mafia. Le sigarette erano diventate il contorno di droga, armi, e vite umane. Poi arrivò qualcun’altro, l’ennesimo taumaturgo dedito a risollevare le sorti del territorio e soprattutto le sue. Ci doveva pur esser qualcuno per salvare il salvabile. Fu così che di colpo noi fasanesi ci siam fatti affascinare dai Resort a 5 stelle. Abbiamo preferito i campi da Golf (“in quei campi prima vi erano topi ed erbacce”, sono parole del sindaco di Fasano) e i villaggi disneyani, truccati da Borghi Antichi, imbellettati in stile Masseria Fortificata, alla faccia dell’enogastronomia e dei prodotti d’eccellenza della terra e del mare.

Dov’è finita la terra, gli orti, gli ortolani, i pescatori?! Tutto ciò lo abbiamo accettato in cambio di posti di lavoro? Ma non è la stessa musica sentita tra Taranto e l’ILVA? Ma certo!! Qui la posta in palio però non è l’inquinamento e lo svilimento di una città per le cause dirette di morte provocata, ma…  la nostra libertà’ e… la nostra terra. Ne vale davvero la pena?

Non siamo (e lo saremo sempre meno) più liberi di andare al mare. Quei posti dove ci sentivamo a casa nostra, dove il vicino di asciugamano era come il dirimpettaio di casa, con cui si divideva anche il pranzo, sono ormai in gran parte diventate di uso esclusivo di un “unico” privato e della sua bulimia conquistatrice di territorio di cui non si conosce ragione, o forse.

Produrremo sempre meno pomodori regina (se esistono ancora, visto che quelli prodotti sono per lo più degli ibridi) perché sarà tutto seminato a prato per il Golf, o per il giardino del Resort. L’acqua dei pozzi, un tempo salmastra, ottima per i nostri prodotti, sarà sempre più salata. Vogliamo rassegnarci al fatto che i poveri ortolani finiranno i loro giorni a curare i prati inglesi dei loro padroni? Al fatto che non avremo più pomodorinicime di rapacucumarazz (barattieri), ecc., da esportare o da proporre a turisti?  E gli olivicoltori? Questi, assieme agli scomodi ulivi secolari (sradicati in questi giorni dalle euro-ruspe già all’opera), saranno decimati (anche grazie all’uso degli anticrittogamici per combattere la Xilella fastidiosa). Un’ottima soluzione per i signori del cemento e della speculazione, visto che gli ulivi secolari, con la legge regionale 14/07, non si possono più espiantare e vendere a migliaia di euro, pronti per prendere posto in lussuose ville del nord, se non addirittura per farne legna da ardere.

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L’Urlo – Foto di Giancarlo Bellantuono

Il problema è che ancora si fa fatica a comprendere la differenza fra ambiente e paesaggio. Se oggi possiamo parlare di paesaggio rurale pugliese nelle sue multiformi espressioni è perché la società contemporanea che lo richiede, lo “vede” però nelle forme trasformate della Terra. Il turismo culturale legge nei segni del lavoro umano, il paesaggio umano. Tutto ciò  richiede il concorso attivo delle energie istituzionali, economiche, sociali e culturali più innovative che puntano sulla tutela e valorizzazione delle straordinarie qualità del territorio pugliese e delle sue “genti vive”, per dirla alla Magnaghi (coordinatore scientifico del Piano Paesaggistico pugliese) per produrre un modello di sviluppo della regione di carattere endogeno, autosostenibile capace di produrre ricchezza durevole.

Dietro ogni potere egemonico c’è qualcuno consapevole che può essere “più facile dominare chi non crede in niente”, chi non ha ideali, chi non cerca quel sano spazio fra le nuvole, perché così resterà imbrigliato nell’indifferenza, diventando schiavo di quello stesso gioco di potere, finendo anch’egli con i piedi nel fango.

Non placheremo mai la nostra voglia di pensare e di divulgare quei sani ideali e principi o, come ci additò un giorno il sindaco fasanese, di essere“ipercritici”, se ciò si tradurrà in un fin’anche piccolo passo verso la libertà.

 

Foto: Chicco Saponaro, Giancarlo Bellantuono

 

Il Piano Comunale della Costa monopolitana : il “paesaggio culturale” che vorremmo…

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Considerazioni sul secondo tavolo partecipato del 13 Febbraio 2014 per la definizione della bozza del Piano Comunale delle Coste

L’insieme dei luoghi frequentati abitualmente dall’individuo e dal gruppo al quale appartiene costituiscono quello che i geografi chiamano “spazio vissuto”,

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La caletta di Porto Marzano Piccolo – Monopoli (BA)

espressione che indica la territorialità umana, l’ecologia insediativa dell’uomo, l’ambiente di vita connotato da elementi come il senso di appartenenza, l’emotività, la storia personale e familiare, le vicende collettive della comunità.

Alla percezione dello spazio vissuto contribuiscono non solo le esperienze affrontate in prima persona, ma anche letture e narrazioni familiari che portano all’elaborazione mentale del senso del luogo.

Il messaggio politico di quanto l’amministrazione monopolitana si appresterebbe a dare attraverso le sterili indicazioni suggerite ai progettisti del PCC, per normare e supportare esclusivamente l’uso degli stabilimenti balneari non corrisponde ne a questa percezione dello spazio rappresentata al tavolo “tecnico” da associazioni, movimenti e comitati, che attraverso i propri suggerimenti ambiscono al raggiungimento di obbiettivi con un più ampio respiro strategico, ne alle esigenze degli stessi concessionari balneari.

Si vorrebbe far credere che “un piano deve esprimere e tradurre ciò che la sola normativa richiama” ovvero “può intervenire sulla sola fascia demaniale”. Basterebbero pochi riferimenti alla letteratura urbanistica contemporanea e quindi agli strumenti con visione più precisamente territorialista per contribuire, in questo importante momento di partecipazione, a far spostare la lancetta dello sviluppo territoriale su un segno positivo. Le normative in generale e quelle urbanistiche in particolare, fondamentalmente cercano di dettare regole e procedure per la definizione di programmi di sviluppo urbano ed economico territoriali che esprimono culturalmente quanto una comunità è in grado di produrre  in un determinato periodo storico. Quelle stesse procedure e strumenti, evidentemente non più rispondenti alle necessità di una comunità, poichè non più efficaci al raggiungimento degli obbiettivi, che siano al tempo stesso di tutela e sviluppo sostenibile del bene comune, è giunto il momento di cambiarle e cambiare quadro di riferimento. La risposta a queste questioni è tutta contenuta nell’azione della Commissione Europea sul Paesaggio ed all’adozione della Convenzione Europea del Paesaggio che dal 19 Luglio 2000  si pone gli obbiettivi di promuovere la democrazia, i diritti dell’uomo, la preminenza del diritto, nonché di ricercare delle soluzioni comuni ai grandi problemi di società. Nello sviluppare una nuova cultura del territorio, perseguendo la promozione della qualità di vita e del benessere delle popolazioni.

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Giancarlo Bellantuono  – Monopoli – L’Urlo dell’ulivo

Da queste parti il grido d’allarme, sempre più acuto, è in particolare rivolto all’eccessivo consumo di suolo, alla salvaguardia dei beni comuni, al libero accesso alle spiagge, al dissesto idrogeologico, al diritto alla città e quindi alla partecipazione attiva delle trasformazioni e sviluppo degli insediamenti urbani.

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Tutto ciò viene si accolto dall’attuale amministrazione monopolitana e produce l’invito alla partecipazione della cittadinanza attiva, ma quest’atto di apertura, già un dovere di procedura dettato dalla convenzione europea sul paesaggio, vorremmo che significhi realmente condivisione. Pensiamo realmente al Piano Comunale delle Coste come opportunità di sviluppo, quello sostenibile, che risponde cioè alle esigenze del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie, evitando il corporativismo e pensando alla salvaguardia non come momento di individuazione di azioni vincolistiche sterili portate al tavolo da “ambientalisti” incapaci ed ignari di cosa significhi portare avanti politiche di sviluppo. Si è parlato tanto del successo di presenze turistiche che hanno interessato l’intero territorio comunale negli ultimi due anni ma non ci è parso  ancora di capire che si vuole imboccare la strada della conferma se non dell’incremento di tali numeri.  Il fatto stesso che il Comune di Monopoli proprio in questi giorni sia assente dalla BIT di Milano (Borsa Internazionale del Turismo) dove invece primeggiano e si confermano con grande successo i comuni limitrofi assieme a tutta la Regione Puglia rimarca il fallimento dei nostri amministratori. Destagionalizzare, caratterizzare, contestualizzare, preservare, valorizzare, anche attraverso la creazione di itinerari narrativi ed enogastronomici della terra e del mare al tempo stesso, con la creazione di marchi DOP(denominazione di origine protetta), IGT(indicazione geografica protetta), SGT (specialità tradizionale garantita) lavorando contestualmente sulla qualità dei servizi offerti (Bike sharing, spiagge libere attrezzate, ecc), quella che in sostanza il Piano Paesaggistico Territoriale Regionale già definisce “Valorizzazione e riqualificazione integrata dei paesaggi costieri”…..

Se oggi possiamo parlare di paesaggio rurale pugliese nelle sue multiformi espressioni è perché la società contemporanea richiede il paesaggio, lo “vede” nelle forme trasformate della Terra. Il turismo culturale legge nei segni del lavoro umano, il paesaggio umano. Tutto ciò  richiede il concorso attivo delle energie istituzionali, economiche, sociali e culturali più innovative che puntano sulla tutela e valorizzazione delle straordinarie qualità del territorio pugliese e delle sue “genti vive”, per dirla alla Magnaghi(coordinatore scientifico del PPTR) per produrre un modello di sviluppo della regione di carattere endogeno, autosostenibile capace di produrre ricchezza durevole. Questo il “paesaggio culturale” su cui fondare un piano e a cui ambiscono le associazioni di cittadini accreditate al tavolo partecipato.

Giambattista Giannoccaro

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Chicco Saponaro – Gozzo

Di seguito il testo del documento prodotto, condiviso e protocollato per il tavolo tecnico del 13.02.2014 con le osservazioni, proposte e domande sul Piano Comunale delle Coste dal gruppo di lavoro congiunto:

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Sappiamo che il Piano Comunale delle Coste costituisce lo strumento per la tutela e la gestione delle aree costiere, specificamente per quanto riguarda quelle demaniali.

Allo stesso tempo, la redazione del PCC rappresenta un’occasione irripetibile per la salvaguardia e la valorizzazione dei contesti ambientali e paesaggistici legati ad una fascia di territorio che, partendo dalla linea di costa, si estende verso l’interno ben oltre i 300 metri individuati nella bozza di Piano finora presentata.

Il Piano Regionale delle Coste attribuisce rilevanza giuridica ai Piani Comunali esclusivamente per le funzioni di gestione del demanio marittimo; ma il PUG del Comune di Monopoli (art. 9.17 delle previsioni strutturali) demanda allo stesso Piano l’ulteriore compito di disciplinare l’uso e la gestione dell’area litoranea e dell’area annessa alla costa.

Riteniamo che in questa ulteriore attività di previsione attribuita al PCC, risieda una possibilità unica in cui compiere un ulteriore sforzo finalizzato alla tutela di quelle risorse ambientali che, viceversa, rischiano di restare compromesse dalle trasformazioni, a volte irreversibili, che vengono continuamente operate sul territorio.

Per la stima della sensibilità ambientale, ad esempio, si potrebbe riconoscere l’approccio del PRC, da cui si evince come la sensibilità non sia da valutare solo in funzione della situazione esistente nella fascia demaniale, ma anche di una profonda porzione del territorio a monte.

Si potrebbero, ancora, riconoscere le valenze culturali e paesaggistiche individuate nel PPTR (Piano Paesaggistico Territoriale Regionale), anticipando ed integrando il recepimento degli indirizzi ivi contenuti, ancor prima che lo stesso divenga vigente anche per il Comune di Monopoli.

Inoltre, prendendo spunto anche dall’art 8.13 delle NTA del Piano Regionale delle Coste:

Art. 8.13 – Aree di rilevante pregio naturalistico ed ambientale

Il PCC definisce le aree da tutelare e valorizzare per il loro pregio naturalistico e ambientale, anche con riferimento a quelle dei sistemi dunali e quelle classificate ad elevata criticità e ad elevata sensibilità per le quali non è ipotizzabile una riqualificazione.

Tali aree sono riservate alla conservazione dell’habitat originario residuo, o in corso di ripristino, della spiaggia, con finalità di osservazione scientifica e didattica e di diversificazione dell’attuale paesaggio costiero.

Gli interventi di salvaguardia e di valorizzazione ambientale, da definire nel PCC, devono assecondare la ricostruzione delle peculiari caratteristiche naturali, quali i cordoni dunali e la vegetazione litoranea, e proporre forme di gestione territoriale anche affidate a cooperative o associazioni con comprovata esperienza nel settore. In tali aree è assolutamente vietato ogni intervento edilizio;

si potrebbe prevedere un’ulteriore fase di ricognizione lungo il territorio costiero, che consideri le peculiarità e l’assoluta unicità di alcuni sistemi ambientali presenti lungo la costa monopolitana, al fine di individuare alcuni contesti in cui salvaguardare la preziosa integrità naturalistica ancora esistente.

Ad esempio, nel Piano si potrebbe prevedere la realizzazione del progetto “Oasi blu”, nella zona nord, e di un progetto di “Parco costiero”, lungo le scogliere della zona sud.

Si tratta, in sostanza, di riconoscere l’unicità delle risorse naturali del nostro territorio, investendo sulla loro tutela e facendone l’asse portante per la promozione di un modello di sviluppo turistico ed economico compiutamente sostenibile.

Riteniamo, infatti, sia indispensabile maturare e promuovere una sensibilità ambientale che aiuti amministratori e cittadini a comprendere come il nostro territorio non rappresenti solo una risorsa da “sfruttare”, ma anche e soprattutto una risorsa da preservare e tutelare in quanto vera e duratura ricchezza; ricchezza competitiva che possiamo strategicamente “vendere”, ora e in futuro.

OSSERVAZIONI E PROPOSTE

Dall’esame della Tav.3 e dei documenti contenuti nella bozza, a nostro avviso, la redazione del PCC sta procedendo senza che vengano realmente considerate le valenze e le problematiche connesse al territorio retrostante la sottile fascia demaniale; e ciò rischia di costituire un serio pericolo per l’impatto che potrebbe risultarne, sia sulla esigua zona costiera, sia sui preziosi contesti ambientali, paesaggistici e culturali che caratterizzano il nostro territorio.

In particolare, nel tratto di costa a nord dell’abitato, andrebbe evidenziato il degrado che si è determinato a causa di una serie di interventi antropici (depuratore, cantieri navali, depositi, etc.), analizzando e proponendo le misure opportune per la rimozione del degrado ed il recupero della valenza ambientale originaria.

Parallelamente, nel tratto di costa a sud, che presenta aree particolarmente significative con un contesto ambientale e paesaggistico essenzialmente integro, sarebbe opportuno mettere in evidenza tale valenza, introducendo tutte le misure opportune per il suo mantenimento.

In altri termini, il territorio a ridosso della fascia demaniale, soprattutto laddove conserva a pieno la sua valenza ambientale, ma anche laddove questa sia stata in qualche misura negata dagli interventi realizzati negli ultimi decenni, andrebbe preso seriamente in esame nel Piano;

  • sia perché, essendo già stato preso in esame ai fini della classificazione della sensibilità ambientale, sarebbe incongruente recepire quei livelli di sensibilità, ma poi non tenere nel debito riguardo proprio quel territorio, più ampio, che ha contribuito a classificare quella stessa porzione di territorio in quel modo;
  • sia perché, considerato il valore di programmazione che il Piano assume, sarebbe opportuno contenesse delle valutazioni e delle indicazioni, non tanto perché possa introdurre da subito azioni di tutela o riqualificazione, ma perché possa stimolare e richiamare l’amministrazione attuale e quelle future ad intervenire per il recupero dei tratti di costa compromessi. Diversamente, significherebbe sancirne un uso di tipo produttivo o improprio, decretandone in maniera definitiva il degrado e la irrecuperabilità.

Sarebbe auspicabile, inoltre, anche nel caso in cui il Piano non venga sottoposto a VAS (Valutazione Ambientale Strategica), introdurre comunque delle misure di monitoraggio, al fine di poter seguire le dinamiche che si vanno sviluppando sul territorio (individuando, ad esempio, i casi in cui si sta producendo una pressione antropica non preventivata, o quelli in cui le fasce contigue cominciano ad essere utilizzate per usi non previsti nel piano) e poter individuare tempestivamente le opportune misure correttive di mitigazione.

Inoltre, ci sembra che nella Bozza di Piano non siano state affrontate valutazioni sulla pressione antropica e ambientale che le varie scelte progettuali possono generare. Nel rapporto preliminare di verifica, che non risulta essere presente fra gli elaborati pubblicati sul sito web del Comune di Monopoli, devono essere individuati, descritti e valutati gli impatti significativi che l’attuazione del piano potrebbe avere sull’ambiente e sul patrimonio culturale, nonché le ragionevoli alternative di piano. Il rapporto preliminare di verifica dovrà dare atto degli esiti della consultazione preliminare e dovrà evidenziare il modo in cui saranno presi in considerazione i contributi.

Dalla stessa Tav.3, infine, risulta anche come sia stata prevista una ridottissima superficie destinata a verde pubblico (Aree di supporto ai contesti della trasformazione per servizi di nuovo impianto).

DOMANDE

Al fine di poter contribuire in maniera significativa a costruire il percorso progettuale e le scelte che si andranno ad operare, chiediamo che sia precisamente spiegato:

  • Se è stata avviata la procedura di verifica di assoggettabilità a VAS.
  • Se è in fase di redazione ed è disponibile il rapporto preliminare di verifica, che è parte integrante del Piano con l’elenco di tutti i soggetti interessati alla consultazione.
  • Se e in che modo si intende tenere conto dei contributi acquisiti in fase di consultazione.
  • Quali situazioni sono state individuate nel rapporto preliminare di verifica al fine di valutare gli impatti significativi che l’attuazione del Piano potrebbe avere sull’ambiente e sul patrimonio culturale, nonché le ragionevoli alternative di piano.

Dall’esame dell’ipotesi di zonizzazione dell’area annessa alla costa (Tav.3 e Art.11 delle Norme Tecniche di Attuazione), risulta come in tali aree sia possibile realizzare tutta una serie di strutture e attività a supporto delle attività turistico-ricreative e/o balneari, nonché (nelle cosiddette aree a verde attrezzatoimpianti per lo sport in genere, strutture per intrattenimento e servizi per attività balneari.A nostro avviso, sussiste il rischio che tali attività, in aree apparentemente innocue, possano tradursi in forti criticità ed incidere pesantemente sulla salvaguardia e sulla qualità finanche della stessa area demaniale.

A tale proposito, chiediamo:

  • Se sono state effettuate stime e simulazioni della pressione antropica ed ambientale che tali attività (che potrebbero presentarsi anche in maniera massiccia sulle aree in oggetto) produrrebbero sulle stesse aree e – direttamente e/o indirettamente – sulla stessa zona demaniale che il Piano si prefigge di tutelare.Se è stata effettuata, ad esempio, un’analisi che traduca la realizzazione di tali attività (considerando anche il caso, non escludibile a priori, che le zone in oggetto vengano interessate da tali interventi in tutta la loro estensione) in parametri, quali: numero di strutture da insediare, numero di persone, numero di auto, flussi veicolari, inquinamento, disturbo alla fauna, etc..
  • Se è stata effettuata una valutazione di come le attività previste dalla zonizzazione nell’area a ridosso della fascia demaniale possano impattare negativamente sulla fruibilità pubblica della costa stessa, rischiando di compromettere significativamente quella quota del 60%, apparentemente garantita dal Piano, prevista nelle norme regionali (di questo, in verità, si deve tenere conto nella procedura valutativa avviata e, in particolare, già nel rapporto preliminare di verifica nell’ambito della VAS).

Ringraziando per l’attenzione che sarà dedicata alla presente, porgiamo distinti saluti.

Monopoli, 13 febbraio 2014

WWF MonopoliFabiana Cazzorla 

Terra d’EgnaziaGiambattista Giannoccaro 

#Salvaiciclisti-MonopoliCosimo Micelli

Salviamo il Paesaggio – MonopoliDomenico Di Leo

Movimento naturalMENTE Gianluca Aresta

Comitato Costa Libera Monopoli Giuseppe Selicato

C’è chi conosce il prezzo d’ogni cosa e il valore di nessuna…

La famosa citazione di Oscar Wild, presa in prestito dal Comitato Costa Libera di Monopoli nel comunicato stampa di ieri sera, per sottolineare come si amministra la cosa pubblica nella città monopolitana.

Alle 18:30 di giovedì 9 Gennaio si è svolta, nella saletta del Bar Radar, la Conferenza Stampa del Comitato Costa Libera Monopoli e del Circolo Cittadini Monopoli dove è stata esposta alla cittadinanza tutta la vicenda processuale legata al destino dell’immobile ex “Istituto Suore delle Ancelle” , la cui alienabilità è stata inspiegabilmente concessa dall’amministrazione comunale, con grande superficialità e celerità lo scorso 9 Dicembre 2013. La novità è che 8 consiglieri, alcuni di loro già favorevoli all’alienazione dell’immobile, dopo aver acquisito gli atti processuali completi, stranamente non messi a disposizione nella stessa seduta consiliare del 9 dicembre scorso, chiedono la convocazione del consiglio comunale per rimettere tutto in discussione, fare chiarezza e rimettere al voto.

Aria di novità e di riscatto si respira nella cittadina monopolitana dove, dopo anni di torpore, grazie alle azioni di cittadinanza attiva, senso civico e partecipazione fanno proseliti. 

Pubblichiamo integralmente il comunicato stampa con la ricostruzione della vicenda.

Siamo qui per parlare di un caso esemplare. E sicuramente è solo una delle tante situazioni, piccole e grandi, che mostrano tutti i limiti dell’attuale politica dei partiti di questa città e, al tempo stesso, dimostrano quanto la vigilanza, il controllo, l’azione popolare dei cittadini siano oggi importanti. Forse solo così sarà possibile riavvicinare davvero le persone alla politica, restituendole il suo significato originario di cura della polis, della cosa pubblica.

Lo vediamo da quanti si avvicinano a noi per segnalarci problemi e abusi, questioni molto concrete che hanno bisogno di trovare giuste soluzioni politiche.

E noi siamo qui proprio per questo: per accendere i riflettori, più ancora di quanto non abbiamo già fatto nei giorni scorsi, su una decisione assai discutibile, inopportuna e intempestiva presa dalla politica locale. Siamo qui per chiedere civilmente ma con fermezza alla politica locale di rimediare a questo pasticcio, adottando una giusta, trasparente e non ambigua soluzione politica.

Ringraziamo tutta la stampa, per l’attenzione e la puntualità con la quale segue le nostre azioni e siamo certi che non mancherà di tener viva l’attenzione su quanto diremo e accadrà. Siamo davvero convinti del ruolo essenziale di una corretta informazione, che fornisca a noi cittadini le notizie, che permetta di conoscere opinioni diverse e pungoli la politica così come anche noi, per quel che possiamo, cerchiamo di fare.

La nostra non è “antipolitica”, ma il dialogo serrato di noi “rappresentati” con i rappresentanti, chiamati a onorare, con i loro atti concreti, il senso del mandato che hanno ricevuto. Noi stiamo facendo la nostra parte, ma ora sta ai consiglieri comunali di maggioranza e opposizione fare la loro, non tradendo la fiducia che i cittadini hanno riposto in loro, affinché tutelino il bene comune, ciò che appartiene alla collettività, non subendo o assecondando gli interessi di qualche privato.

E’ per questo che apprezziamo la volontà dei sette consiglieri comunali che stasera sono qui con noi e hanno fatto propria, sottoscrivendola, “mettendoci la faccia”, la nostra istanza di convocazione di un Consiglio Comunale monotematico per ridiscutere e, vogliamo sperare, annullare la sciagurata delibera del 9 dicembre scorso. Li ringraziamo tutti, a cominciare da coloro che il 9 dicembre avevano votato a favore di quella delibera e, dopo essersi confrontati con noi, acquisendo nuovi elementi che non erano stati messi a loro disposizione, hanno riconsiderato la loro posizione. Con ciò hanno accettato di pagare il prezzo delle inevitabili critiche che, da più parti, li hanno investiti. Noi siamo loro grati, a prescindere dalla sigla partitica di maggioranza o opposizione di cui sono esponenti. Sono esponenti, e questo ci pare un elemento non trascurabile, di entrambi gli schieramenti. Così come siamo grati nei confronti dell’Avvocato Risimini, che ha messo a disposizione la sua competenza giuridico-amministrativa per produrre la nostra istanza.

Tutto ciò ci pare illustri abbastanza efficacemente il modo in cui intendiamo il nostro ruolo: non siamo “partiti” e non ci sostituiamo ad essi, né siamo eventuali emanazioni dei partiti. Al di là delle legittime (e spesso diverse) idee e simpatie politiche di ognuno dei nostri membri, siamo convinti che sia essenziale dialogare con tutti, anche con tutti i politici: non certo per identificarci con loro, ma per sfidarli sulla concretezza delle soluzioni e sulla coerenza tra le idee e i fatti.

Veniamo quindi alla vicenda, che forse sarebbe passata nella distrazione dei più, nella strana atmosfera di questo Natale al tempo della crisi. Una crisi che colpisce senza pietà le famiglie, i giovani e gli anziani e non risparmia i Comuni, che vedono i loro bilanci falcidiati dalle politiche di austerità. Eppure questo Natale qualcuno che ha ricevuto un dono assai gradito c’è stato: si tratta delle Suore delle Ancelle e, con loro, tramite loro, di qualche imprenditore del mattone. Nelle non appropriate vesti di Babbo Natale, il Consiglio Comunale, che il 9 dicembre scorso, con un voto sorprendente, è riuscito a votare contro l’interesse del Comune, cioè contro l’interesse della collettività di Monopoli. La generosità è bella, quando la si pratica non impiegando le risorse altrui, come invece è accaduto il 9 dicembre, quando la maggioranza dei consiglieri ha assunto una decisione incomprensibile e ingiustificabile. Decisione assunta “per conto” dei cittadini, rinunciando a far valere un diritto che tutela tutta la cittadinanza, e rinunciando così alla possibilità di acquisire un bene immobile di notevole valore economico: quello occupato dalle Suore delle Ancelle fino al 2008 e, da allora, rimasto inutilizzato.

Tutto ciò in tempi di crisi, sapendo delle scarse risorse economiche disponibili, davanti alla drammatica situazione dell’edilizia scolastica e la ben nota carenza (assenza) di spazi pubblici a beneficio dell’intera comunità (giovani, anziani, associazioni). Senza contare il fatto che il bilancio comunale ogni anno paga ingenti somme sotto forma dei fitti passivi per una serie di uffici, proprio perché “non disporrebbe” di immobili adeguati ad ospitarli.

Sempre più monopolitani, apprendendo questa notizia, restano increduli e si pongono alcune semplici domande: come è stato possibile? Per quali motivi? “Cui prodest”,ovvero chi trarrà vantaggio da questa scelta autolesionistica? E’ possibile tornare sui passi di questa scelta?

Perché di una scelta autolesionistica quella delibera sembra avere proprio tutte le caratteristiche.

Affinché ogni cittadino possa farsi un’idea e valutare il comportamento dei rappresentanti politici di questa città, forniamo qui una sintetica ricostruzione della vicenda. Prima però provate a immaginarvi questa storia come se fosse un “match” di calcio nel quale, due squadre, le Suore e il Comune stanno sfidandosi. Un “match” infatti c’è o, meglio, c’era: dal 2010 esiste un contenzioso tra le due parti, avviato dalle Suore e fino a tutto il 2012 il Comune di Monopoli si è fieramente opposto, ritrovandosi, come vedremo, persino in vantaggio. Le suore attaccano, ma il Comune di Monopoli, grazie ad una solida difesa, non subisce goal, ma passa in vantaggio con una classica azione in contropiede. Certo, il match non è ancora giunto al termine e, come si sa, fin quando l’arbitro (il Giudice) non fischia la fine (cioè non firma la sentenza) può ancora succedere di tutto. Così le Suore possono continuare a cercare il pareggio e il sorpasso, senza risultati. Ma all’improvviso (colpo di scena!) la squadra in vantaggio stupisce tutti con una spettacolare e rapida azione che fa goal: nella propria porta. Un clamoroso autogoal. Gli autogoal nascono da infortuni ed errori, oppure dalla volontà distorta di un calciatore che, per motivi extra-sportivi, decide di nuocere alla squadra della quale veste la maglia. Non è finita qui, perché dopo aver regalato il pareggio agli avversari, il Comune fa anche di più, abbandonando il campo e regalando quindi alle Suore una vittoria “a tavolino” (“a banco del consiglio comunale”…).

E ora i nudi fatti, che illustrano le fasi di questo strano e sorprendente “match”.

Nel dicembre del 1954 il Consiglio Comunale (Sindaco Vito Giannuli) delibera di vendere il suolo di viale delle Rimembranze alle Suore. Non si tratta di una vendita “normale”, ai correnti prezzi di mercato: è, a tutti gli effetti quasi una donazione, per la quale il Comune ottiene un introito simbolico, tenendo conto del fatto che le Suore all’epoca pagarono un importo di circa 238 volte inferiore rispetto a quello che avrebbero dovuto pagare normalmente. Questo è esattamente quanto dimostrato proprio dal Comune di Monopoli, tramite la sua Avvocatura in una delle difese depositate nel corso del procedimento e costituisce una clamorosa smentita di quanto affermato testualmente dal Sindaco Romani nel corso del Consiglio Comunale del 9 dicembre (“il Comune negli anni è stato ampiamente ripagato dalle Suore tramite l’attività scolastica da loro condotta”). A noi risulta che le Suore abbiano già ricevuto, all’epoca, un cospicuo vantaggio in considerazione delle finalità educative, religiose e sociali che sembravano ispirare, all’epoca la loro volontà.

Ci piace anche ricordare al Sindaco e a quanti, troppo spesso se ne dimenticano, l’Articolo 33, terzo comma, della Costituzione della Repubblica Italiana, che recita: “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”. Lo Stato, tramite il Comune, già nel 1955 si attribuì un onere, rinunciando ad una richiesta economica congrua, e non ci pare che sia stato “ampiamente ripagato”. Anche per il semplice motivo che le Suore hanno svolto, finché ne hanno trovato una convenienza economica, un’attività di cui i monopolitani potevano usufruire a pagamento e non gratuitamente.

Con il contratto di vendita del 1955, il Comune, pur nella sua estrema generosità con le Suore, con notevole lungimiranza, pose un doppio vincolo a sua tutela: le Ancelle si impegnavano infatti ad una precisa ed esclusiva destinazione d’uso, la realizzazione e il funzionamento della scuola, e accettavano il divieto di alienare a terzi il suolo e lo stabile ivi costruito. Le Suore quindi, giustamente, non avrebbero potuto ricavare lucro rivendendo l’immobile o cambiandone l’utilizzo, destinandolo ad altre attività non aventi le stesse finalità socio-educative.Il mancato rispetto anche di una sola delle due condizioni sottoscritte dalle due parti avrebbe comportato il reintegro del suolo e dell’eventuale fabbricato nella proprietà del Comune. Vogliamo ricordare che l’Amministrazione dell’epoca era guidata dalla Democrazia Cristiana, non certo da “pericolosi bolscevichi”: pur se ben disposti verso l’Ente religioso, amministratori e consiglieri di quel tempo non avevano smarrito la bussola che indicava loro dove fosse il bene comune.

Nel 2007 le suore cessano le attività scolastiche.

Nel 2010 viene approvato il PUG, in cui il suolo viene caratterizzato come “contesti urbani consolidati per servizi pubblici a standard di quartiere”.

Nel 2011 le suore promuovono due azioni:

  • la prima dinanzi al TAR, per impugnare il PUG, chiedendo un cambio di destinazione d’uso da “contesti urbani consolidati per servizi pubblici a standard di quartiere” a“residenziale”. Il TAR rigetta l’istanza delle suore:“Goal” del Comune di Monopoli! Nella loro sentenza i giudici amministrativisti dicono testualmente: << L’inadempienza di uno dei patti di cui sopra autorizza il Comune a procedere alla reintegra in proprio favore del suolo o degli eventuali manufatti e pertinenze >>. Un precedente di enorme importanza a favore del Comune.
  • la seconda dinanzi al Tribunale Civile, chiedendo di rimuovere sia il vincolo di inalienabilità, sia quello di destinazione a scuola. Il giudizio è giunto al termine e la sentenza è prevista per il mese di ottobre 2015. Per giunta sarebbe possibile, a quanto pare, chiederne l’anticipo.

Alla fine del 2012, le ancelle avanzano una proposta di transazione, con la quale chiedono ancora una volta che sia eliminato il vincolo di inalienabilità. A seguito di quest’ultima istanza, l’Amministrazione chiede un nuovo parere alla sua Avvocatura, la stessa che in modo incisivo e fino ad allora vincente, aveva difeso pienamente le ragioni del Comune e, sorpresa, ottiene un parere che, improvvisamente, a dispetto di quanto sostenuto in sede processuale, apre la porta ad una possibile transazione sul vincolo di inalienabilità, tacendo tuttavia su quello di destinazione d’uso.

A quanto pare, secondo quanto riportato dalla stampa, l’Amministrazione incassa questo parere incompleto e, già da gennaio 2013, prepara una delibera favorevole alle Suore, che tiene nel cassetto fino a dicembre 2013. Quando, nella seduta del consiglio comunale del 9/12/2013, il Comune, dopo aver ripetutamente richiesto la restituzione del suolo e dell’immobile (come previsto contrattualmente) con la delibera n. 51, rinuncia a far valere l’inalienabilità e, inopinatamente, accoglie l’istanza delle Suore.

A nulla valgono le poche voci che, in quella sede, si sono levate a contestare una scelta che appariva intempestiva e incongrua. Ed è apparso evidente che i consiglieri non siano stati messi nelle condizioni di valutare la questione avendo a disposizione tutti gli elementi necessari. Elementi che noi, dopo una faticosa ricostruzione stiamo mettendo a disposizione della pubblica opinione.

E’ stato detto da qualcuno che l’immobile di Viale delle Rimembranze sarebbe un “rudere”: non ci pare che sia così, poiché fino al 2008 è stato utilizzato come scuola. Se l’incuria da parte della proprietà ha causato un degrado sta al Comune richiamare la stessa proprietà ai suoi doveri o, in alternativa, adoperarsi in tutti i modi per tutelare la sicurezza dei cittadini. Finanche giungendo a requisire lo stabile. Anzi, ad acquisirlo, come gli permette proprio quel contratto stipulato con le Suore, nel 1955. A difesa di questa delibera indifendibile, qualcuno ha detto che, poiché sarebbe stato eliminato uno solo dei due vincoli, quello relativo all’inalienabilità ma non quello di destinazione d’uso, nell’area “non potrebbero” sorgere costruzioni adibite a finalità diverse da quelle prescritte dal PUG. Ma si tratta di una giustificazione ingannevole, per una serie di motivi. E si tratta di una scelta che apre il campo, in realtà, a qualsiasi scenario: anche di nuove conflittualità con le Suore, le quali potrebbero agevolmente reclamare l’eliminazione del secondo vincolo. Vincolo che, a questo punto, si troverebbe in palese contraddizione con il loro acquisito diritto a vendere l’immobile.

La curiosità che sorge spontanea a qualunque persona di buon senso è infatti questa: a chi mai potrebbero vendere le Suore, che sono fortissimamente motivate a vendere, se l’acquirente si trovasse vincolato a non poter fare proprio quel che più gli converrebbe? Quale sarebbe l’imprenditore filantropo e illuminato che acquisirebbe un suolo per fare ciò che le Suore hanno smesso di fare? Vorremmo tanto conoscerlo e “intervistarlo”, se si palesasse.

C’è, a margine ma non marginale, anche un’altra considerazione che probabilmente non ha un valore giuridico in sé, ma senz’altro ha un valore morale. E noi continuiamo a essere convinti che la moralità, anche di questi tempi, non possa essere un “optional” o una “foglia di fico”. Se non è, o non dovrebbe essere “opzionale” per gli attori della politica e per noi comuni cittadini, sicuramente dovrebbe essere imprescindibile per delle Suore. Ci domandiamo pertanto come possano venir meno ad un patto sottoscritto con la comunità, promuovendo ben due cause. Allo scopo di rivendicare un diritto di proprietà, non per usarlo secondo le finalità proprie di un ente religioso, ma per trasformarlo in denaro e profitto. Oscar Wilde, più d’un secolo fa, diceva: “oggi c’è chi conosce il prezzo d’ogni cosa e il valore di nessuna”. Ci pare che queste parole suonino spiacevolmente attuali e pertinenti, triste descrizione di ciò che sembra regolare in modo sempre più aggressivo i rapporti tra persone fisiche e giuridiche, ispirando atti e decisioni individuali e collettive.

Per tutti i motivi esposti finora, il Comitato Costa Libera e il Circolo Cittadini di Monopoli, adottando un’istanza messa a punto dall’Avvocato Risimini, hanno proposto ai consiglieri comunali di riconsiderare la delibera dello scorso 9 dicembre: delibera che, evidentemente, è stata presa al buio, o almeno “in penombra”. A questa richiesta hanno aderito, come abbiamo detto all’inizio, sette consiglieri di entrambi gli schieramenti politici. Ma ci auguriamo, anzi vogliamo essere candidamente fiduciosi e convinti che molti altri si aggiungeranno a loro con il voto in Consiglio Comunale.

Ai sette consiglieri che hanno firmato l’istanza di convocazione di Consiglio Comunale monotematico si è già aggiunto il consigliere Gianni Palmisano, il quale ha dichiarato che, in quella sede, voterà per l’annullamento della delibera del 9 dicembre scorso.

Questa non è, infatti, un’iniziativa “di parte”, ma la legittima richiesta da parte di tutti i cittadini, al di là delle sigle partitiche che essi votano o alle quali si sentono vicini: la richiesta di vederci chiaro e di veder rispettato il diritto della collettività, senza svendite e regali, nel rispetto della lungimiranza di chi ci ha preceduti. Niente è ancora perduto, la continuazione di questa storia è tutta da scrivere: il Consiglio Comunale sarà riconvocato e invitiamo tutti a un serio approfondimento della questione, che possa veramente e interamente fugare tutte le domande che ancora restano inevase: chi trae vantaggio dagli autogoal del Comune? Perché il Comune rinuncia a far valere i suoi diritti e arreca a se stesso un danno patrimoniale?

Su questo, come su altre questioni, non molleremo e se la nostra proposta non dovesse essere approvata in consiglio, eserciteremo direttamente un’azione popolare volta a proseguire autonomamente il giudizio civile e non solo.

Invitiamo tutti i cittadini stanchi di una politica dimentica del bene e dei diritti di tutta la cittadinanza, ad unirsi a noi. Occupiamoci insieme di Monopoli e dei suoi problemi.

Comitato Costa Libera e Circolo Cittadini di Monopoli

Il Piano Comunale della Costa monopolitana: un “paesaggio culturale”

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di Giambattista Giannoccaro

Foto Chicco Saponaro e Giambattista Giannoccaro

Negli ultimi anni, l’amministrazione regionale pugliese, ha prodotto le più interessanti attività pianificatorie della sua storia che la vedono citata ed apprezzata in Italia ed Europa per l’adozione di uno dei più interessanti piani paesaggistici regionali Italiani che, in più porta la firma di Alberto Magnaghi, (leggi anche “Il PPTR la via Pugliese allo sviluppo sostenibile” del 14 nov).

Una regione, quella pugliese, inserita però in un contesto sociale in cui la Pianificazione non è la forma ordinaria di governo del territorio e che per arrivarci dovrà ancora compiere enormi sforzi per giungere alla trasformazione culturale necessaria, soprattutto per l’assenza di una cultura storica municipale, per il protrarsi di un sistema decisionale d’elite, centralistico e burocratico che dal passato si proietta sulla attuale persistenza di una dipendenza economica e di scarsa imprenditività in molti settori, dall’agricoltura al terziario.

Fra gli strumenti pianificatori dell’ attuale amministrazione  il Piano Regionale delle Coste (PRC) della Puglia, di cui all’art. 3 della Lr n.17 del 23.06.2006, adottato dalla Giunta Regionale nel luglio 2009 (con la delibera n. 1392 del 28/07/2009) e approvato con Dgr n.2273 del13.10.2011,  si prefigge di “garantire il corretto equilibrio fra la salvaguardia degli aspetti ambientali e paesaggistici del litorale pugliese, la libera fruizione e lo sviluppo delle attività turistico ricreative” (art. 1 norme tecniche di attuazione del PRC). In sintesi, il piano cerca di promuovere una relazione positiva tra tutela e sviluppo della costa.

Il PRC e di conseguenza i PCC  (Piani Comunali delle Coste definiti dall’Art. 4 della Lr n.17 del 23.06.2006) vanno visti come un’opportunità per affrontare in maniera interdisciplinare i molteplici conflitti che si presentano sulle aree costiere e per superare quella frammentazione delle conoscenze e quegli approcci di tipo settoriale che rendono difficile la formulazione di politiche efficaci di gestione della fascia costiera sul piano economico, sociale, paesistico e ambientale.

mare sab 10 novembre 2013 027

Così dovrebbe essere per il PCC monopolitano, datato maggio 2013, la cui bozza, presentata il 31 ottobre  alla cittadinanza ed aperto al tavolo tecnico, voluto dall’assessorato all’urbanistica, presieduto dal neoeletto Stefano Lacatena,  il 18 novembre scorso. Tra i 13 gruppi accreditati, erano presenti anche, oltre a Terra d’Egnazia, il Comitato Costa Libera Monopoli, il WWF Monopoli, l’associazione Mare Libero, il Movimento Manisporche, e Cesare Bellantuono, consigliere nazionale del SIB (Sindacato Italiano Balneari).

Tavolo Tecnico

La Relazione Generale del PCC monopolitano  testualmente esordisce:

“Il Piano Comunale delle Coste, per definizione, è lo strumento di assetto, gestione, controllo e monitoraggio del territorio costiero comunale in termini di tutela del paesaggio, di salvaguardia dell’ambiente, di garanzia del diritto dei cittadini all’accesso e alla libera fruizione del patrimonio naturale pubblico, nonché di disciplina per utilizzo eco-compatobile.”

Premessa, nostro malgrado, senza sostanza. Nemmeno accennato un riferimento al PPTR, nei documenti resi pubblici della Bozza del PCC, che potremmo definire banale, datato come modalità di approccio pianificatorio e fine a se stesso, anzi, la dove definisce le “Aree con divieto assoluto di Concessione” rimette tutto in discussione nelle conclusioni qui di seguito:

Come risulta evidente dalla presente relazione, gran parte della costa monopolitana, risulta inadeguata all’installazione di strutture legate alla balneazione semplicemente perché interessata dalla presenza delle innumerevoli fasce di rispetto delle lame”  (le lame vengono viste come oggetto negativo e di impedimento alle nuove concessioni). e come risposta alla questione di “garanzia del diritto dei cittadini all’accesso e alla libera fruizione del patrimonio naturale pubblico” conclude:

E’ chiaro che studi specifici approfonditi a livello locale, redatti nel rispetto delle NTA del PAI ed ivi approvati dall’Autorità di Bacino della Puglia, potrebbero portare alla ridefinizione delle aree di rispetto, determinando una riduzione delle aree a divieto assoluto di concessione”

mare sab 10 novembre 2013 016

E’ il solito piano calato dall’alto, come fosse localizzato nel deserto, che invece deve tener conto (non solo attraverso la illusoria apertura alla partecipazione avviata con il tavolo tecnico), della cultura del vivere il mare dei monopolitani e dello sviluppo reale e distribuito su tutto il territorio, con i fatti. Se si considera che non si è nemmeno ipotizzato di demandare ad azioni future le sue previsioni di sviluppo (turistico e non solo) del comparto produttivo dell’ entroterra, assieme alle emergenze ambientali e paesaggistiche in cui si colloca, (orti, lame e strutture ricettive rurali), allora i fatti ancora non lo dimostrano.

Un grande sostegno alla domanda di paesaggio e straordinari suggerimenti si sarebbero avuti dalla sola lettura del nuovo Piano Paesaggistico Regionale, soprattutto per il suo respiro strategico (Valorizzazione e riqualificazione integrata dei paesaggi costieri, Parco Agricolo degli Ulivi,  Mobilità Dolce, e via dicendo) per l’attuazione di uno sviluppo (sostenibile!) dell’intero territorio.

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Per concludere diciamo che è evidente il grosso gap culturale nel linguaggio tecnico degli addetti ai lavori, perdendo di vista le opportunità di sviluppo reale che si possono creare in momenti storici come quelli che stanno interessando la pianificazione strategica pugliese e nello specifico, monopolitana. L’amministrazione monopolitana dovrebbe approfittare di questo tavolo tecnico, folto e colto  per far si che la cultura urbanistica “avanguardista” contenuta anche nel PPTR, diventi un esempio da replicare.

La città contemporanea in generale è troppo incline alla rendita. Volete o nolente, il linguaggio con cui si esprime il paesaggio è alla fine il linguaggio della società che lo ha segnato, lo ha fatto proprio, lasciandovi il marchio del proprio passaggio e contiene tutte le verità che le società umane sanno inscrivere in esso e raccontare. Il racconto del paesaggio corrisponde alla storia della società che in quel paesaggio ha proiettato il suo agire materiale e la sua cultura, per questo possiamo dire che il paesaggio è sempre, implicitamente, un “paesaggio culturale”, in quanto manifestazione di quella società, del suo modo di proporsi nel suo ambiente, è il racconto dei modi in cui la società ha posto le sue basi in quel territorio.

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Immaginando quel paesaggio tramandato dai nostri avi e aprendo gli occhi oggi sul racconto che i nostri figli si troveranno davanti, se non vi porremo un limite, quello stesso paesaggio, non sarà degno della sua straordinaria storia.