La riflessione di David Byrne, “Come l’architettura ha aiutato la musica ad evolversi”, incentrata sul rapporto tra musica e ambiente (territorio), è quanto mai illuminante sulla natura del rapporto esistente tra uomo e territorio. (A piè di post il video della conferenza di Byrne).
La musica, nell’arco della storia umana, si è spesso adeguata all’ambiente, senza alterarlo e traendo dall’ambiente il massimo beneficio per l’evoluzione del suono e della musica. I risultati conseguiti dall’uomo riguardo alla musica (e più in generale al suono), sono noti anche ad un ascoltatore occasionale non specializzato. Non solo. Talvolta l’ambiente della musica e più in generale del suono è stato costruito intorno alla natura del suono traendo insegnamento dalla conoscenza (anche tecnica), derivante da questo rapporto, senza che l’ambiente (il territorio) ne risultasse stravolto. Di qui l’evoluzione della musica (e del suono), dell’ambiente e degli ambienti della musica (auditorium, sale, teatri, ecc.).
Ho più volte fatto riferimento (in questo spazio), al rapporto armonico che necessita instaurare tra uomo e territorio. E, per avere un rapporto armonico con il territorio, con le sue peculiarità, traendo da queste il meglio, senza che ci sia predominanza e quindi sfruttamento, abuso, violenza, senza che l’uno o l’altro soccombano e in modo tale che uomo e territorio vivano in perfetta simbiosi e armonia, è necessario innanzitutto porsi in “ascolto”, disporsi alla conoscenza e al rispetto reciproci, l’uno dell’altro. Conoscersi e ascoltarsi, per riconoscersi, nelle proprie rispettive nature. Un lavoro, quello della conoscenza reciproca, che comporta dedizione e devozione, studio, approfondimento, pianificazione, progettazione. Di qui, da questo ascolto e conoscenza, nasce l’evoluzione delle forme e dello spirito che le muove.
Conoscersi, ascoltarsi, comporta anche il ri-conoscersi quali esseri “necessitati”, bisognevoli di cura l’uno dell’altro. Una banalità, si dirà, ma che passando spesso per tale, lascia che l’uno (in genere l’uomo) prevalga sull’altro (il territorio). Il risultato, prima o poi, a seguito della pressoché totale mancanza di ascolto, è l’afona sterilità di entrambi. Da una parte ambiente e territorio che, impoveriti, non hanno più nulla da comunicare (e dare), dall’altra l’uomo che non ha più nulla da ascoltare (e prendere), e di cui far tesoro. Cosa che accade tanto per cieco egoismo, quanto per interesse di parte (tra utilitarismo e individualismo) a scapito dell’interesse comune, degli uomini e dei territori.
In un certo senso il territorio, l’ambiente (e gli ambienti, compresi quelli umani), il suo assetto, il suo sviluppo, sono come la vacca da latte, la quale senza la necessaria conoscenza e cura da parte dell’uomo, munta di continuo senza alcuna possibilità di pascolo, finisce per non produrre più latte, fino alla sterilità. L’aridità e la povertà dell’ambiente portano all’aridità e alla povertà civile innanzitutto (sociale ed economica), dell’uomo e con esso della civiltà.